Compenso professionisti: ritenuta d’acconto sul rimborso spese

In relazione al compenso dei professionisti, forniti chiarimenti sull’applicabilità della ritenuta d’acconto del 20% delle spese di precetto, monitorio ed esecuzione liquidate nell’ambito di un procedimento pignoratizio (Agenzia delle entrate – Risposta 23 novembre 2022, n. 570).

Nel caso di specie, l’Istante, in qualità di sostituto di imposta, rappresenta di rivestire la figura di terzo erogatore in un procedimento di pignoramento promosso nei confronti di una sua ex­dipendente e di dover quindi liquidare al creditore pignoratizio delle somme assegnate a titolo di sorte capitale, spese di precetto e spese di esecuzione.
Il creditore pignoratizio svolge l’attività professionale di avvocato.
L’Istante chiede di sapere se la ritenuta d’acconto del 20 per cento prevista per le procedure di pignoramento debba essere applicata anche sulle “spese di monitorio, precetto ed esecuzione” dovute al professionista.
Il creditore pignoratizio ha prodotto la dichiarazione sostitutiva di notorietà per comunicare l’importo del credito da non assoggettare a ritenuta in quanto riferibile a spese vive e per precisare che a tale credito si aggiungono le somme assegnate a titolo di spese di recupero (comprese quelle di monitorio) e spese di esecuzione alle quali è applicato il 15 per cento del rimborso forfettario sulle spese, il contributo del 4 per cento alla cassa avvocati e l’Iva al 22 per cento.
In particolare, il creditore pignoratizio, in una successiva dichiarazione sostitutiva di notorietà, che annulla la precedente, afferma che al credito si aggiungono le ulteriori somme come indicate nel conteggio soggette a ritenuta, senza però indicare la ritenuta d’acconto sulle spese di precetto, di monitorio e di esecuzione.
Nel caso in esame, non appare sussistere la dichiarazione del creditore pignoratizio attestante l’insussistenza, in tutto o in parte, delle condizioni per l’applicabilità della ritenuta alle spese di precetto (comprese quelle di monitorio).
Pertanto, secondo quanto chiarito nella richiamata circolare n. 8/E del 2011, l’Istante è tenuto ad applicare la ritenuta ai fini Irpef di cui all’articolo 21, comma 15,  della legge n. 449 del 1997, senza effettuare alcuna indagine, sussistendone i presupposti richiesti.
Al riguardo, l’articolo 54, comma 1, del Tuir, prevede che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi in denaro o in natura percepiti nel periodo di imposta, anche sotto forma di partecipazione agli utili, e quello delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’arte o della professione.
Nella nozione di compenso rilevante ai sensi dell’articolo 54 del Tuir rientrano anche le somme che il lavoratore autonomo riaddebita al committente per il ristoro delle spese sostenute per l’espletamento dell’incarico, con la conseguenza che anche dette somme sono imponibili e devono essere assoggettate alla ritenuta alla fonte.
In tal senso, la base imponibile della ritenuta è costituita dall’ammontare dei compensi percepiti al lordo delle spese sostenute per conseguire i compensi stessi, con esclusione delle sole somme ricevute a titolo di rimborso di spese anticipate in nome e per conto del cliente, debitamente ed analiticamente documentate quali, ad esempio, i rimborsi per pagamenti di tasse e imposte, visure, ecc. a condizione comunque che tali spese non siano inerenti alla produzione del reddito di lavoro autonomo.
In relazione al caso di specie, l’Agenzia ritiene, pertanto, che le somme liquidate per coprire le spese di precetto (comprese quelle di monitorio) e di esecuzione costituiscano compenso professionale e come tali assumano rilevanza ai fini Irpef per il creditore pignoratizio.
Del resto, lo stesso creditore pignoratizio ha applicato sulle somme in questione il rimborso forfetario delle spese di cui all’articolo 2, comma 2, decreto ministeriale 10 marzo 2014, n. 55, previsto nella misura del 15 per cento del compenso, il contributo previdenziale per la cassa degli avvocati che si applica nella misura del 4 per cento sul compenso e sul rimborso spese forfetario, nonché l’IVA del 22 per cento che si applica su tutte le voci precedenti.
In ragione di quanto sopra esposto, si condivide la soluzione prospettata dall’Istante di applicare sulle somme in questione e sugli onorari dovuti per gli atti di intervento la ritenuta d’acconto di cui all’articolo 21, comma 15, della legge n. 449 del 1997.

Cassazione: configurabilità della cessione d’azienda

Ricorre la cessione di ramo d’azienda quando venga ceduto un complesso di beni che conservi la propria identità, consentendo la prosecuzione dell’attività svolta prima del trasferimento (Corte di Cassazione, Ordinanza 16 novembre 2022, n. 33814).

 

Un lavoratore ricorreva in giudizio al fine di essere ammesso allo stato passivo del fallimento della società con la quale lo stesso sosteneva di aver instaurato un rapporto di lavoro subordinato a seguito della cessione di ramo d’azienda presso cui era adibito.

Il Tribunale rigettava la pretesa del lavoratore, negando la sussistenza di un rapporto di subordinazione tra le parti.
Avverso tale decisione il lavoratore ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, tra i motivi, che l’avvenuta cessione doveva ritenersi dimostrata sulla base della comunicazione inviata al dipendente stesso a firma congiunta della cedente e della cessionaria, relativa proprio al trasferimento del ramo di azienda cui egli era addetto.

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, rilevando che la cessione di ramo d’azienda è configurabile ove venga ceduto un complesso di beni che oggettivamente si presenti quale entità dotata di una propria autonomia organizzativa ed economica funzionalizzata allo svolgimento di un’attività volta alla produzione di beni o servizi.
Tale nozione di trasferimento di ramo d’azienda può essere, inoltre, letta in correlazione con la disciplina in materia dell’Unione Europea, secondo cui è considerato come trasferimento quello di un’entità economica che conserva la propria identità, intesa come un insieme di mezzi organizzati al fine di svolgere un’attività economica, sia essa essenziale o accessoria; criterio decisivo per stabilire se si configuri un trasferimento è, dunque, l’individuazione della circostanza che l’entità economica, indipendentemente dal mutamento del titolare, conservi la propria identità, il che risulta in particolare dal fatto che la sua gestione sia stata effettivamente proseguita o ripresa.

I Giudici di legittimità non hanno, infine, mancato di evidenziare che la prova dell’esistenza di tutti i requisiti che condizionano l’operatività del trasferimento incombe su chi intenda avvalersi degli effetti previsti dall’art. 2112 c.c.; in particolare, spetta alla società cedente l’onere di allegare e provare l’insieme dei fatti concretanti un trasferimento di ramo d’azienda.
Deve, tuttavia, negarsi l’esistenza di un principio, secondo il quale la dimostrazione del buon fondamento del diritto vantato dipenda unicamente dalle prove prodotte dal soggetto onerato e non possa altresì desumersi da quelle espletate, o comunque acquisite, ad istanza ed iniziativa della controparte, alla luce del principio cd. “di acquisizione probatoria”, secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute, concorrono, tutte ed indistintamente, alla formazione del libero convincimento del giudice; da tanto discendeva che, nel caso sottoposto ad esame, non era prospettabile alcuna inversione dell’onere probatorio posto a carico del datore di lavoro e, nella specie, assolto ai fini della individuazione degli elementi integranti la fattispecie del trasferimento del ramo d’azienda.

INPS: cumulo pensioni dei giornalisti con redditi da lavoro

Con il messaggio del 22 novembre 2022, n. 4213 l’INPS ha fornito chiarimenti sul regime di cumulo dei trattamenti pensionistici dei giornalisti iscritti alla Gestione INPGI/1 con i redditi da lavoro prodotti in Italia e all’estero.

 

I chiarimenti in oggetto riguardano, altresì, gli obblighi dichiarativi relativamente ai titolari di:

– trattamenti di invalidità;

– pensione anticipata;

– pensione anticipata c.d. lavoratori precoci.

L’Ente precisa che, per quanto riguarda l’individuazione del reddito da lavoro autonomo rilevante ai fini del divieto di cumulo, debbono essere presi in considerazione tutti i redditi comunque ricollegabili ad attività di lavoro svolte senza vincolo di subordinazione, indipendentemente dalle modalità di dichiarazione ai fini fiscali.

Trattamenti di invalidità

A decorrere dal 1° luglio 2022 le pensioni di invalidità sono cumulabili con i redditi da lavoro del beneficiario entro i limiti normativamente previsti (art. 1, co. 42, L. 8 agosto 1995, n. 335, art. 10, D. Lgs. 30 dicembre 1992, n. 503, art. 72, L. 23 dicembre 2000, n. 388).

Sulle pensioni di invalidità e sull’assegno ordinario di invalidità, liquidato al soggetto che presta attività lavorativa, si applicano due diverse e concomitanti discipline di incumulabilità.

Prioritariamente, trova applicazione la disciplina di cui all’art. 1, co. 42, L. n. 335/1995, secondo cui all’assegno di invalidità nei casi di cumulo con redditi di lavoro dipendente, autonomo o di impresa si applicano le seguenti riduzioni:

– 25 per cento dell’importo dell’assegno per un reddito superiore a quattro volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l’importo in vigore al 1° gennaio;

– 50 per cento dell’importo dell’assegno per un reddito superiore a cinque volte il trattamento minimo annuo del Fondo pensioni lavoratori dipendenti, calcolato in misura pari a 13 volte l’importo in vigore al 1° gennaio.

Detta riduzione precede l’incumulabilità prevista dall’art. 10, D.lgs n. 503/1992 e dall’art. 72, L. n. 388/2000.
Pertanto, sull’importo della prestazione risultante a seguito della riduzione effettuata a norma della legge n. 335/1995, si applica, per la sola quota eventualmente eccedente il trattamento minimo, il regime di incumulabilità con i redditi da lavoro di cui all’art.10 cit.. Le norme richiamate, quindi, trovano applicazione nei confronti dell’importo della prestazione decurtato, qualora sia stata liquidata con anzianità contributiva inferiore a 40 anni.

In particolare, le quote delle pensioni e degli assegni di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti, delle forme di previdenza esclusive e sostitutive della medesima, delle gestioni previdenziali degli artigiani, degli esercenti attività commerciali, dei coltivatori diretti, mezzadri e coloni, eccedenti l’ammontare corrispondente al trattamento minimo, non sono cumulabili con i redditi da lavoro:

– dipendente, nella misura del 50 per cento, fino a concorrenza dei redditi stessi;

– autonomo, nella misura del 30 per cento, fino a concorrenza del 30 per cento del reddito da lavoro autonomo.

Per l’applicazione dell’incumulabilità con i redditi da lavoro dipendente, il lavoratore è tenuto a dichiarare per iscritto al datore di lavoro la propria qualità di pensionato e il datore di lavoro ha l’obbligo di detrarre dalla retribuzione una somma, pari all’importo della quota di pensione non dovuta per incumulabilità, e di versarla all’Istituto.

Per l’applicazione dell’incumulabilità con i redditi da lavoro autonomo la dichiarazione a preventivo 2022 potrà essere resa mediante una domanda di ricostituzione reddituale.

Incumulabilità della pensione anticipata

La pensione anticipata non è cumulabile, a fare data dal primo giorno di decorrenza e fino alla maturazione dei requisiti per la pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo, a eccezione di quelli derivanti da lavoro autonomo occasionale, nel limite di 5.000 euro lordi annui.

I redditi derivanti dallo svolgimento di attività lavorativa diversa da quella autonoma occasionale, che rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione, sono quelli percepiti nel periodo compreso tra la data di decorrenza del trattamento pensionistico e la data di compimento dell’età richiesta per la pensione di vecchiaia, a condizione che tali redditi siano riconducibili ad attività lavorativa svolta nel medesimo periodo.

Incumulabilità della pensione ai lavoratori c.d. precoci

A fare data dalla sua decorrenza il trattamento pensionistico di cui all’articolo 1, comma 199, della legge n. 232/2016, non è cumulabile con redditi da lavoro, subordinato o autonomo, per un periodo di tempo corrispondente alla differenza tra l’anzianità contributiva di cui all’art. 24, co. 10 e 12, D.L. 6 dicembre 2011, n. 201 e l’anzianità contributiva al momento del pensionamento.
In ogni caso, ai fini del conseguimento della pensione anticipata in argomento, è richiesto che il soggetto abbia cessato l’attività lavorativa, da intendersi quale attività di lavoro dipendente, autonomo e parasubordinato svolta in Italia o all’estero.

Enti di patronato: aggiornati i tracciati telematici delle domande Naspi e ANF agricoli

L’Inps ha aggiornato i tracciati di trasmissione telematica delle domande di indennità di disoccupazione e/o assegno al nucleo familiare relative ai lavoratori dipendenti agricoli in competenza 2022, utilizzati dagli Enti di Patronato (Messaggio 22 novembre 2022, n. 4211)

Sulla base dell’Accordo tecnico-operativo tra l’Inps e gli Enti di Patronato sottoscritto in data 26 giugno 2012, in materia di modalità di scambio dei dati e di presentazione telematica delle domande di prestazione, l’Istituto ha provveduto a rilasciare alle Strutture nazionali degli Enti di Patronato i tracciati di trasmissione delle domande di indennità di disoccupazione e/o Assegno al nucleo familiare per i lavoratori dipendenti agricoli in competenza 2022, aggiornando la parte inerente all’informativa sulla materia.

Con particolare riferimento all’indennità di disoccupazione agricola, nell’informativa è stato specificato che, per gli eventi di disoccupazione intervenuti dal 1° gennaio 2022, gli operai agricoli a tempo indeterminato dipendenti di cooperative e loro consorzi che trasformano, manipolano e commercializzano prodotti agricoli e zootecnici prevalentemente propri o conferiti dai loro soci, accedono alla NASpI.

Per quanto riguarda l’Assegno al nucleo familiare (ANF), attesa l’introduzione della disciplina dell’Assegno unico e universale per i figli a carico (D.Lgs. 29 dicembre 2021, n. 230), nell’informativa è stato anche specificato che a decorrere dal 1° marzo 2022, limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili, cessano di essere riconosciute le prestazioni ANF.
È stato altresì precisato che l’ANF è incompatibile con l’Assegno temporaneo per i figli minori (art. 1, D.L. 8 giugno 2021, n. 79).

Il modulo “SR25-Prest.agr.21TP”, che costituisce l’equivalente della ricevuta della domanda trasmessa per via telematica dagli utenti abilitati, è stato aggiornato tenendo conto delle implementazioni descritte ed è reperibile nella sezione “Modulistica OnLine del sito intranet INPS, a disposizione esclusiva delle Strutture Inps.
Per gli Enti di Patronato è disponibile, nel Servizio di trasmissione delle domande di disoccupazione e Assegno per il nucleo familiare dei lavoratori agricoli dipendenti, nell’Area di Download del menu principale della funzione “Presentazione domande”, il file in formato PDF, contenente la sezione informativa del citato modulo “SR25-Prest.agr.21TP”, denominato “Informativa modello PREST.AGR.21/TP”.

Autodichiarazione Temporary framework: modalità per operare lo scomputo da aiuti successivi

Online le risposte alle domande più frequenti sulle modalità di compilazione dell’autodichiarazione per gli aiuti di stato Covid 19 da presentare entro il 30 novembre 2022(AGENZIA DELLE ENTRATE – Comunicato 17 novembre 2022)

In caso di mancata restituzione volontaria dell’aiuto ai sensi del comma 2, il corrispondente importo è sottratto dagli aiuti di Stato successivamente ricevuti dalla medesima impresa. A tale ammontare dovranno essere sommati gli interessi di recupero maturati sino alla data di messa a disposizione del nuovo aiuto. In assenza di nuovi aiuti a favore dell’impresa beneficiaria, o nel caso in cui l’ammontare del nuovo aiuto non sia sufficiente a garantire il completo recupero, l’importo da recuperare dovrà essere effettivamente riversato. (articolo 4, comma 3, DM 11/12/2021)
In considerazione di tali previsioni, dunque, gli splafonamenti dovranno essere “sottratti” degli aiuti di Stato successivamente ricevuti dalla medesima impresa.
Ai fini della restituzione degli splafonamenti, in alternativa al pagamento tramite modello F24, è possibile scomputare gli importi eccedenti i massimali utilizzando in primo luogo le istanze per il riconoscimento dei seguenti contributi/crediti di imposta:
– Bonus tessile;
– Credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno, ZES e Sisma (modello CIM);
– CFP wedding, intrattenimento, horeca;
– CFP servizi di ristorazione collettiva;
– CFP discoteche e sale da ballo;
– Credito d’imposta locazioni imprese turistiche;
– Credito di imposta per l’IMU in favore del comparto del turismo;
– Credito d’imposta per le imprese agricole e agroalimentari.
Oltre alle istanze sopra elencate, ai fini dello scomputo, è possibile utilizzare alcuni crediti d’imposta da quadro RU elencati nella “Tabella codici aiuti di Stato” presente in calce alle istruzioni dei modelli REDDITI 2022, riducendo l’importo residuo da riportare nella successiva dichiarazione dei redditi (e nei limiti di tale residuo). Trattasi, in particolare dei crediti individuati dai seguenti codici aiuto nella predetta “Tabella codici aiuti di Stato”: 54, 55, 56, 58, 61, 69 e 71.
– indicare nella casella “Situazioni particolari” del frontespizio il codice 1;
– compilare la sezione I del quadro RU secondo le regole ordinarie riportando nel rigo RU5, colonna 3, l’intero importo del credito maturato;
– indicare nella colonna 2 del rigo RU12 il residuo del credito diminuito dell’importo da riversare, avendo cura di barrare la casella 1 del medesimo rigo.
Ad esempio, qualora il contribuente abbia maturato per l’anno 2021 uno dei predetti crediti per un importo pari a 10.000, utilizzato con il modello F24 entro il 31 dicembre 2021 per 2.000, e debba riversare a seguito del superamento dei massimali previsti dalle Sezioni 3.1 e/o 3.12 del Temporary Framework un importo pari a 5.000, dovrà indicare:
– nella casella “Situazioni particolari” del frontespizio il codice 1;
– nel rigo RU5, colonna 3, il credito maturato pari a 10.000;
– nel rigo RU6 la quota utilizzata in compensazione pari a 2.000;
– nel rigo R12, colonna 2, il residuo pari a 3.000 (al netto, quindi, della quota utilizzata ai fini del riversamento pari a 5.000), avendo cura di barrare la casella 1.