I chiarimenti del Fisco sulla RITA

Il Fisco chiarisce alcune questioni interpretative relative alla Rendita Integrativa Temporanea Anticipata (c.d. RITA) (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risoluzione 16 febbraio 2022, n. 9/E)

La “Rendita integrativa temporanea anticipata” (c.d. RITA), introdotta in via sperimentale, per il periodo 1° maggio 2017 – 31 dicembre 2018, è attualmente a regime.
Tale istituto risponde alla precipua funzione di sostenere il reddito dei soggetti rimasti senza lavoro, nel periodo che manca al raggiungimento del requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia.
Ai lavoratori che cessino l’attività lavorativa e maturino l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza entro i cinque anni successivi, e che abbiano maturato alla data di presentazione della domanda di accesso alla rendita integrativa un requisito contributivo complessivo di almeno venti anni nei regimi obbligatori di appartenenza, le prestazioni delle forme pensionistiche complementari, con esclusione di quelle in regime di prestazione definita, possono essere erogate, in tutto o in parte, su richiesta dell’aderente, in forma di rendita temporanea, denominata “Rendita integrativa temporanea anticipata” (RITA), decorrente dal momento dell’accettazione della richiesta fino al conseguimento dell’età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia e consistente nell’erogazione frazionata di un capitale, per il periodo considerato, pari al montante accumulato richiesto. Ai fini della richiesta in rendita e in capitale del montante residuo non rileva la parte di prestazione richiesta a titolo di rendita integrativa temporanea anticipata.
La RITA, per le caratteristiche che presenta, non costituisce una prestazione di carattere definitivo. Essa, infatti, oltre a poter essere revocata, può interessare tutto o parte del montante accumulato ed è compatibile con il versamento di ulteriori contributi, anche nel caso in cui sia stata richiesta, a titolo di RITA, l’intera posizione individuale maturata dall’iscritto alla data della richiesta medesima.
Ne consegue che, anche in caso di erogazione di una anticipazione anteriormente alla erogazione della RITA, il conguaglio dell’imposta assolta a titolo provvisorio sull’anticipazione sarà effettuato al momento della liquidazione definitiva della prestazione. La prestazione definitiva sarà costituita, in caso di RITA parziale, dai montanti non utilizzati per l’erogazione della RITA stessa e dai montanti maturati per effetto dei versamenti contributivi eseguiti in corso di erogazione della RITA; mentre, in caso di RITA totale, dai montanti maturati per effetto dei versamenti contributivi eseguiti in corso di erogazione della RITA.
Nella particolare ipotesi in cui non dovesse residuare alcuna posizione individuale, sia perché è stata richiesta una RITA totale sia perché, in corso di erogazione della RITA, non sono stati effettuati versamenti contributivi ulteriori, si ritiene che il conguaglio dell’imposta versata sull’anticipazione possa essere effettuato, anche per ragioni di semplificazione, a cura della forma pensionistica complementare, in occasione dell’erogazione dell’ultima rata di RITA.
Rimane fermo, in ogni caso, il criterio di imputazione dell’anticipazione che ne prevede la prioritaria imputazione ai montanti più retrodatati e poi a quelli più recenti, con la conseguenza che sono imputati a titolo di RITA i montanti che non sono stati considerati ai fini dell’imputazione dell’anticipazione.
La RITA, per sua definizione, è una prestazione “temporanea” in capitale ad erogazione frazionata. Il carattere non definitivo di tale prestazione è confermato, fra l’altro, non solo dal fatto che la stessa è compatibile con il versamento di ulteriori contributi, anche nel caso di richiesta dell’intero montante accumulato, ma anche dal fatto che la stessa è revocabile e continua a essere gestita dalla forma pensionistica nel corso della sua erogazione.
Il capitale richiesto a titolo di RITA, pertanto, non entra nell’immediata disponibilità del beneficiario, se non nella misura della singola rata percepita.
A tale proposito, la COVIP ha precisato che la sua erogazione avviene in modo necessariamente frazionato in considerazione della particolare funzione di sostegno al reddito che la stessa assolve.
Le somme richieste a titolo di RITA, che costituiscono un capitale unitario nella misura in cui sono caratterizzate da un particolare vincolo di destinazione, continuano, tuttavia, al netto delle rate di volta in volta erogate, a rimanere nella disponibilità della forma pensionistica, che, come già detto, le gestisce secondo la linea concordata con l’iscritto.
La tassazione è, infatti, applicata sulla singola rata di RITA, al momento della sua erogazione, in base al principio di cassa.
Ciò considerato, si ritiene che la misura dell’aliquota applicabile non possa cristallizzarsi al momento della accettazione della richiesta della RITA, ma continui a degradare, in ragione dell’aumentare dell’anzianità di iscrizione al fondo, anche in corso di erogazione della RITA medesima.
Infine, per le prestazioni erogate a titolo di RITA a un “vecchio iscritto” riferite a montanti maturati fino al 31 dicembre 2000, si applica, sulla quota parte di prestazione relativa ai rendimenti finanziari, l’aliquota del 15 per cento, che si riduce fino al 9 per cento in ragione dell’anzianità di iscrizione al fondo.

Cassa Edile di Modena: nuovi contributi

La Cassa Edile della provincia di Modena pubblica la nuova tabella contributiva per le Imprese Edili che applicano il CCNL Ance e Cooperative in vigore dall’1/1/2022

TABELLA CCNL ANCE – COOP IMPRESE

Contribuzione in vigore dall’1/1/2022

Contributi

Quota a carico Aziende

Quota a carico lavoratori

Totale

APE 3,60%   3,60%
Cassa Edile 1,875% 0,375% 2,25%
Ente Scuola CTP 0,65%   0,65%
Contributo Fondo Prepensionamento 0,20%   0,20%
Quota Adesione Contrattuale Nazionale e Provinciale 0,66% 0,22% 0,88%
Totali Parziali 6,985% 0,595% 7,58%
     
Contributo Fondo Sanitario Nazionale 0,60%   0,60%
Contributo Fondo incentivo all’occupazione 0,10%   0,10%
     
Contributo RLST (per imprese senza RLS interno) 0,20%   0,20%
Contributo Associativo Ance Nazionale (per imprese aderenti a Ance con sede fuori provincia di Modena ed iscritte alla Cassa Edili della Provincia di Modena) 1,30%   1,30%
     
Contributo Fondo Sanitario Impiegati 0,26%   0,26%

Nuovo rapporto di lavoro con ex datore distaccante: applicabilità regime impatriati

Con la Risposta n. 85 del 17 febbraio 2022, l’Agenzia delle Entrate chiarisce che il regime speciale per lavoratori impatriati deve ritenersi applicabile nel caso di ritorno presso la distaccataria italiana con un nuovo contratto di lavoro, dopo oltre due anni di lavoro all’estero in base a contratto di diritto locale con la consociata estera presso la quale il dipendente era stato distaccato.

Il Caso

Nel caso in esame il lavoratore è stato dapprima distaccato presso la consociata estera per oltre un anno, trasferendo all’estero, insieme alla famiglia, la residenza fiscale con iscrizione all’AIRE; successivamente, è stato assunto con contratto di diritto locale a tempo indeterminato alle dirette dipendenze della consociata estera per oltre quattro anni, durante i quali ha mantenuto la residenza all’estero, con ruolo dirigenziale. A decorrere dal 1° gennaio 2022 intende rientrare in Italia, instaurando un autonomo rapporto di lavoro a tempo indeterminato con la qualifica di dirigente presso l’ex datore di lavoro che lo ha distaccato, trasferendo la residenza in Italia unitamente alla famiglia. Il rapporto di lavoro col precedente datore di lavoro estero viene cessato e le spettanze completamente liquidate.

Si chiede se sia applicabile il regime speciale impatriati in considerazione del nuovo rapporto di lavoro con l’ex datore di lavoro distaccante.

Soluzione

In base alla disciplina del regime speciale degli impatriati, per fruire dell’agevolazione, il lavoratore:
a) deve trasferire la residenza fiscale in Italia;
b) non deve essere stato residente in Italia nei due periodi d’imposta antecedenti al trasferimento e deve impegnarsi a risiedere in Italia per almeno 2 anni;
c) deve svolgere l’attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano.
Sono destinatari del beneficio fiscale, inoltre, i cittadini dell’Unione europea o di uno Stato extra UE con il quale risulti in vigore una Convenzione contro le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale che:
– sono in possesso di un titolo di laurea e abbiano svolto “continuativamente” un’attività di lavoro dipendente, di lavoro autonomo o di impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, ovvero
– abbiano svolto “continuativamente” un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea o una specializzazione post lauream.
L’agevolazione è fruibile per un quinquennio a decorrere dal periodo di imposta in cui il contribuente trasferisce la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Con riferimento, in particolare, ai contribuenti che rientrano a seguito di distacco all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha precisato, tra l’altro, che non spetta il beneficio fiscale nell’ipotesi di distacco all’estero con successivo rientro, in presenza del medesimo contratto e presso il medesimo datore di lavoro.

Diversamente, nell’ipotesi in cui l’attività lavorativa svolta dall’impatriato costituisca una “nuova” attività lavorativa, in virtù della sottoscrizione di un nuovo contratto di lavoro, diverso dal contratto in essere in Italia prima del distacco, e quindi l’impatriato assuma un ruolo aziendale differente rispetto a quello originario, lo stesso può accedere al beneficio a decorrere dal periodo di imposta in cui ha trasferito la residenza fiscale in Italia.
Tuttavia, pur in presenza di un “nuovo” contratto per l’assunzione di un “nuovo” ruolo aziendale al momento dell’impatrio, l’agevolazione non è applicabile nelle ipotesi in cui il lavoratore rientri in una situazione di “continuità” con la precedente posizione lavorativa svolta nel territorio dello Stato prima dell’espatrio. La condizione di “continuità” si realizza, ad esempio, quando i termini e le condizioni contrattuali, indipendentemente dal “nuovo” ruolo aziendale e dalla relativa retribuzione, rimangono di fatto immutati al rientro presso il datore di lavoro in virtù di intese di varia natura, quali la sottoscrizione di clausole inserite nelle lettere di distacco ovvero negli accordi con cui viene conferito un nuovo incarico aziendale, dalle quali si evince che, sotto il profilo sostanziale, continuano ad applicarsi le originarie condizioni contrattuali in essere prima dell’espatrio.
A titolo meramente esemplificativo, costituiscono indice di una situazione di continuità sostanziale:
– il riconoscimento di ferie maturate prima del nuovo accordo contrattuale;
– il riconoscimento dell’anzianità dalla data di prima assunzione;
– l’assenza del periodo di prova;
– clausole volte a non liquidare i ratei di tredicesima (ed eventuale quattordicesima) maturati nonché il trattamento di fine rapporto al momento della sottoscrizione del nuovo accordo;
– clausole in cui si prevede che alla fine del distacco, il distaccato sarà reinserito nell’ambito dell’organizzazione della Società distaccante e torneranno ad applicarsi i termini e le condizioni di lavoro presso la Società di appartenenza in vigore prima del distacco.

Diversamente, laddove le condizioni oggettive del nuovo contratto (prestazione di lavoro, termine, retribuzione) richiedano un nuovo rapporto obbligatorio in sostituzione di quello precedente, con nuove ed autonome situazioni giuridiche cui segua un mutamento sostanziale dell’oggetto della prestazione e del titolo del rapporto, il lavoratore rimpatriato può accedere al beneficio fiscale.
Con riferimento al caso di specie, l’Agenzia chiarisce che l’autonomia dei rapporti contrattuali all’interno del gruppo societario non è di per sé ostativa alla fruizione del beneficio.
Pertanto, laddove il lavoratore risulti soddisfare tutti i requisiti sopra descritti a decorrere dal periodo d’imposta in cui trasferisce la residenza fiscale in Italia, e per i successivi quattro periodi di imposta può fruire del regime degli impatriati, in considerazione del “nuovo” contratto di lavoro.

Stato di emergenza eventi sismici: Superbonus garantito

L’art. 119, co. 8-ter del decreto “Rilancio” trova applicazione agli interventi ammessi al Superbonus effettuati su edifici residenziali o unità immobiliari a destinazione abitativa per i quali sia stato accertato, mediante scheda AeDES o documento analogo, il nesso causale tra danno dell’immobile ed evento sismico, situati in uno dei Comuni delle Regioni interessate da eventi sismici per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza (Agenzia Entrate – risoluzione 15 febbraio 2022, n. 8).

Ai sensi dell’ art.119, co. 8-ter, D.L. n. 34/2020, conv. con modif. in L. n. 77/2020, per gli interventi effettuati nei comuni dei territori colpiti da eventi sismici verificatisi a far data dal 1° aprile 2009 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, la detrazione per gli incentivi fiscali (c.d. Superbonus) spetta per le spese sostenute entro il 31 dicembre 2025, nella misura del 110 per cento.

Al fine di individuare l’ambito applicativo della disposizione, il predetto comma 8-ter fa espresso riferimento ai commi 1-ter, 4-ter e 4-quater del medesimo art. 119 che disciplinano i rapporti tra il Superbonus e i contributi previsti per la riparazione e ricostruzione degli edifici danneggiati da eventi sismici.

Nello specifico, infatti, ai sensi del comma:

– 1-ter, nei Comuni dei territori colpiti da eventi sismici, il Superbonus per gli interventi di efficientamento energetico, spetta per l’importo eccedente il contributo previsto per la ricostruzione;

– 4-ter, in alternativa al contributo per la ricostruzione, i limiti delle spese

ammesse al Superbonus sostenute entro il 30 giugno 2022 sono aumentati del 50 per cento per gli interventi di ricostruzione riguardanti i fabbricati danneggiati dal sisma nei Comuni di cui agli elenchi allegati al D.L. n. 189/2016, conv., con modif., dalla L. n. 229/2016, e di cui al D.L. n. 39/2009, conv., con modif., dalla L. n. 77/2009, nonché nei Comuni interessati da tutti gli eventi sismici verificatisi dopo l’anno 2008 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza;

– 4-quater, nei Comuni dei territori colpiti da eventi sismici verificatisi dopo il 1° gennaio 2019 dove sia stato dichiarato lo stato di emergenza, il Superbonus per gli interventi antisismici di cui al co. 4 dell’art. 119 spetta per l’importo eccedente il contributo previsto per la ricostruzione.

Per effetto del richiamo operato dal co. 8-ter alle elencate disposizioni disciplinanti i rapporti tra il Superbonus e i contributi previsti per la riparazione e ricostruzione degli edifici danneggiati da eventi sismici, la disposizione si applica alle spese sostenute per gli interventi ammessi al Superbonus per i quali sia prevista anche l’erogazione di contributi per la riparazione o ricostruzione a seguito di eventi sismici.

Tali contributi sono esclusi nei casi in cui:

– il danno sia preesistente all’evento sismico in seguito al quale è stato dichiarato lo stato di emergenza, per cui non sussiste il nesso di causalità diretta;

– il livello del danno non sia tale da determinare l’inagibilità del fabbricato (scheda AeDES con esito di agibilità corrispondente ad A, D, F).

Si ricorda, ai fini della fruizione dei contributi per la ricostruzione, è necessario che sia stata accertata la sussistenza del nesso di causalità danno-evento, vale a dire la connessione tra l’evento sismico e il danno dell’immobile, e che sia attestato il livello del danno.

L’attestazione del livello di danno è resa tramite il rilascio della scheda AeDES o documento analogo, con esito di inagibilità B, C ed E, che certifichi la diretta consequenzialità del danno rispetto all’evento sismico, nonché la consistenza del danno tale da determinare l’inagibilità del fabbricato.

Pertanto, il co. 8-ter dell’art. 119, D.L. n. 34/2020 non si applica nel caso di interventi effettuati su edifici che seppure ubicati nei Comuni dei territori colpiti da eventi sismici non hanno, tuttavia, subìto danni derivanti da tali eventi.

Con riferimento, inoltre, alla condizione che sia stato dichiarato lo stato di emergenza, è sufficiente che sia stato dichiarato lo stato di emergenza a nulla rilevando l’eventuale mancata proroga dello stesso.

In altre parole, le disposizioni di cui al cit. comma 8-ter dell’art. 119 del decreto Rilancio si applicano agli interventi ammessi al Superbonus effettuati su edifici residenziali o unità immobiliari a destinazione abitativa per i quali sia stato accertato, mediante scheda AeDES o documento analogo, il nesso causale tra danno dell’immobile ed evento sismico, situati in uno dei Comuni di cui alle Regioni interessate da eventi sismici per le quali è stato dichiarato lo stato di emergenza.

Accesso semplificato al FIS fino a marzo 2022

Con circolare del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 3/2022, sono state fornite le semplificazioni procedurali in merito al Fondo di integrazione salariale, in vigore fino al 31/3/2022.

Come è noto, ai fini dell’accesso all’assegno di integrazione salariale riconosciuto dal Fondo di integrazione salariale (FIS) è necessario esperire la procedura di informazione e consultazione sindacale, in particolare sono state stabilite le procedure relative alla informazione e consultazione sindacale prodromiche all’accesso all’intervento di integrazione salariale ordinario. Tali procedure si applicano anche all’assegno di integrazione salariale, in quanto all’assegno di integrazione salariale si applica, per quanto compatibile, la normativa in materia di integrazioni salariali ordinarie.
Il datore di lavoro, in caso di riduzione o sospensione dell’attività lavorativa, ha l’obbligo di comunicare in via preventiva alle organizzazioni sindacali le cause di sospensione o di riduzione dell’orario di lavoro, l’entità e la durata prevedibile e il numero dei lavoratori interessati.
A tale comunicazione segue, su richiesta di una delle parti, un esame congiunto, anche in via telematica, della situazione, avente a oggetto la tutela degli interessi dei lavoratori in relazione alla crisi dell’impresa/datore di lavoro.
Oggetto dell’esame congiunto è l’esame della situazione complessiva ed è finalizzato alla tutela degli interessi dei lavoratori in relazione alla situazione di crisi, nei termini fissati dal Legislatore.
Tali disposizioni, di portata generale, vengono poi diversamente declinate a fronte di eventi oggettivamente non evitabili oppure con riferimento al settore dell’edilizia e dei lapidei.
Detta procedura prescritta dalla legge è posta a tutela degli interessi dei lavoratori che vedono ridursi o sospendere l’attività lavorativa ed è pertanto passaggio imprescindibile per l’accesso all’assegno di integrazione salariale.

Con specifico riferimento al Fondo di integrazione salariale, in relazione al processo di universalizzazione delle tutele dei lavoratori, principio ispiratore della Riforma degli Ammortizzatori, viene ampliata la platea dei soggetti tutelati dal FIS, in quanto a decorrere dal 1° gennaio 2022 sono soggetti alla disciplina del FIS i datori di lavoro che occupano anche solo un dipendente, non rientranti nel campo di applicazione dell’art. 10 del D.Lgs. n. 148/2015, ossia della CIGO, e non destinatari delle tutele garantite dai Fondi di solidarietà bilaterali.
Gli adempimenti innanzi illustrati si applicano ad una più estesa platea di datori di lavoro che hanno necessità di sospendere o ridurre l’attività lavorativa dal 1° gennaio 2022, in un contesto ancora emergenziale, accedendo all’assegno di integrazione salariale del FIS.
In ordine agli adempimenti che sono posti a carico del datore di lavoro per l’accesso all’ammortizzatore sociale dell’assegno di integrazione salariale del FIS, relativamente alla documentazione e ai dati richiesti per comprovare le difficoltà finanziarie in caso di richiesta di accesso al pagamento diretto, si ritiene necessario fornire alcuni chiarimenti.
La sede dell’INPS territorialmente competente può autorizzare il pagamento diretto, in presenza di serie e documentate difficoltà finanziarie del datore di lavoro, su espressa richiesta di questo.
Pertanto, nell’ottica di una semplificazione delle modalità di presentazione dell’istanza per l’accesso all’assegno di integrazione salariale riconosciuto dal FIS, si rende possibile, in via transitoria ed eccezionale fino al 31 marzo 2022, atteso anche l’attuale contesto emergenziale, presentare l’istanza all’INPS secondo modalità semplificate, al fine di assicurare, in condizioni di parità, tutele e sostegno al reddito ai lavoratori nell’ottica della loro massima effettività.
Quindi, per tale periodo l’istanza potrà essere presentata all’Istituto anche in assenza della attestazione dell’avvenuto espletamento, in via preventiva, della comunicazione di cui all’articolo 14 del decreto legislativo n. 148 del 2015, con riferimento alle istanze presentate, dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022, ai sensi della nuova disciplina normativa, fermo restando che, comunque, l’informativa deve essere espletata e comunicata all’Istituto e che l’INPS potrà richiedere in sede di istruttoria l’integrazione dell’istanza su questo aspetto (restando, quindi, salvaguardati i superiori e sopra richiamati interessi dei lavoratori).
Sempre nell’ottica di una maggiore semplificazione delle procedure per l’accesso all’ammortizzatore sociale in argomento e alla luce della crisi pandemica e delle conseguenze che la medesima ha sulle realtà economico-finanziarie degli operatori economici, per quanto attiene alle richieste di pagamento diretto, le difficoltà finanziarie del datore di lavoro, nel medesimo periodo dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022, potranno desumersi anche sulla base di una documentazione semplificata, ovvero una relazione che, facendo riferimento al fatto notorio della crisi pandemica in atto, indichi le ricadute negative anche di natura temporanea sulla situazione finanziaria del singolo datore di lavoro che determina le difficoltà che giustificano la richiesta di pagamento diretto.
Il datore di lavoro richiedente dovrà, quindi, esplicitare le ricadute del contesto generale emergenziale sulla propria situazione economico-finanziaria, tale da determinare la situazione di difficoltà finanziaria.
Tali principi di semplificazione e snellimento delle procedure si applicheranno anche nella valutazione dei requisiti per l’accesso all’assegno di integrazione salariale con riferimento alle diverse causali. In altri termini la situazione di difficoltà – si pensi, ad esempio, nel caso della causale ordinaria, alla mancanza di lavoro o di commesse e crisi di mercato – potrà desumersi da una relazione che, alla luce della congiuntura economica innanzi indicata e delle conseguenze economiche direttamente connesse all’emergenza epidemiologica, si limiti ad esplicitare le ricadute di tale contesto, coerentemente alla causale invocata, sulla situazione del singolo datore di lavoro.
Limitatamente alla fase transitoria, coincidente con il periodo dal 1° gennaio 2022 al 31 marzo 2022 e in considerazione dell’ingresso di nuovi soggetti dal 1° gennaio 2022, si avrà, quindi, un affievolimento dell’onere in capo al datore di lavoro circa la presentazione di ulteriore documentazione probatoria attestante la situazione di difficoltà economico-finanziaria.