Agevolazioni “prima casa”: revoca istanza di riliquidazione dell’imposta

L’istanza di riliquidazione dell’imposta di registro per impossibilità ad adempiere alla dichiarazione d’intento rilasciata per beneficiare delle agevolazioni “prima casa” può essere revocata, qualora successivamente sia effettivamente trasferita la residenza nel Comune di ubicazione dell’immobile agevolato entro 18 mesi dall’atto (Agenzia delle Entrate – Risposta 7 gennaio 2022, n. 4)

Il contribuente, dopo aver beneficiato delle agevolazioni “prima casa” rilasciando dichiarazione d’intento di trasferire la residenza nel Comune in cui è ubicato l’immobile acquistato, ha presentato istanza di riliquidazione dell’imposta per sopraggiunta impossibilità ad adempiere all’impegno assunto.
Successivamente all’emissione dell’atto di riliquidazione dell’imposta, con addebito degli interessi, e al pagamento di quanto dovuto, il contribuente ha di fatto provveduto a trasferire la residenza nel Comune entro 18 mesi dal rogito.
Si chiede se sia possibile revocare l’istanza di riliquidazione, ottenendo il riconoscimento delle agevolazioni “prima casa”.

Le disposizioni in materia di imposta di registro prevedono l’applicazione dell’aliquota agevolata del 2 per cento, ai fini dell’imposta di registro, per i trasferimenti che hanno per oggetto case di abitazione, ad eccezione di quelle di categoria catastale A/1, A/8 e A/9, ove ricorrano specifiche condizioni.
Tra le condizioni prescritte per beneficiare dell’agevolazione “prima casa”, è previsto che l’immobile sia ubicato nel territorio del Comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro 18 mesi dall’acquisto la propria residenza. La dichiarazione di voler stabilire la residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato deve essere resa, a pena di decadenza, dall’acquirente nell’atto di acquisto.
Pertanto, per fruire dell’agevolazione occorre, tra l’altro, che l’acquirente abbia o si impegni ad ottenere la residenza nel Comune in cui intende acquistare l’immobile abitativo. La dichiarazione dell’acquirente di volere stabilire la residenza nei diciotto mesi è prevista dalla legge a pena di decadenza dall’agevolazione.
In proposito, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che in linea di principio deve escludersi che il soggetto acquirente, che abbia reso la dichiarazione in atto di possedere i requisiti prescritti dalla norma, possa in data successiva rinunciare alle agevolazioni fruite.
Tuttavia, è riconosciuta la possibilità per l’acquirente, in considerazione della peculiarità della condizione legata al trasferimento della residenza, il cui verificarsi dipende da un comportamento che il contribuente dovrà porre in essere in un momento successivo all’atto, di revocare la dichiarazione di intento, formulata nell’atto di acquisto medesimo, laddove lo stesso si trovi nelle condizioni di non poter rispettare l’impegno assunto, anche per motivi personali.
Invero, la dichiarazione resa risulterà mendace e, pertanto, si realizzerà la decadenza dall’agevolazione, solo qualora, decorsi i diciotto mesi, il contribuente non abbia proceduto al cambio di residenza.

Nel caso esaminato il contribuente, prima dello scadere del termine dei 18 mesi, ha presentato all’Ufficio presso il quale l’atto è stato registrato un’istanza di revoca della dichiarazione d’intento espressa in atto di voler trasferire la propria residenza nel comune ove è ubicato l’immobile acquistato ed ha chiesto la riliquidazione dell’imposta assolta in sede di registrazione.
A seguito della presentazione dell’istanza, l’Ufficio ha proceduto alla riliquidazione ed all’emissione di apposito avviso di liquidazione dell’imposta dovuta oltre che degli interessi legali calcolati a decorrere dalla data di stipula dell’atto di compravendita, cui è seguito il relativo versamento, senza applicazione delle sanzioni.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, tenuto della peculiarità della procedura, che comporta l’emissione da parte dell’Ufficio di un apposito avviso di liquidazione esclusivamente al fine di quantificare le imposte e gli interessi dovuti, senza applicazione delle sanzioni, e di “perfezionare” la revoca della dichiarazione d’intenti manifestata nell’atto ai fini dell’agevolazione, a seguito di istanza del contribuente, deve ritenersi possibile la presentazione di una “revoca” della precedente istanza di riliquidazione, purché risulti in ogni caso integrata la condizione di trasferimento della residenza prima del decorso del termine di 18 mesi dalla data di acquisto.

Superbonus: nuove precisazioni dal Fisco

In materia di Superbonus, forniti chiarimenti sugli interventi di efficientamento energetico e antisismici su edificio di un unico proprietario (con usufrutto parziale a favore di un altro soggetto), composto da unità abitative residenziali e non sulla prevalenza della natura residenziale dell’edificio (Agenzia delle entrate – Risposta 07 gennaio 2022, n. 5).

Con riferimento alla possibilità per il contribuente di beneficiare del Superbonus, in relazione alle spese sostenute, quale comproprietario dell’edificio composto da un unico corpo di fabbrica che comprende due unità residenziali, una pertinenza ed una unità censita nella categoria catastale C/6, occorre rilevare che laddove non sussista la condizione della prevalenza della residenzialità non può fruire delle agevolazioni previste dal decreto Rilancio.
Con riferimento alla possibilità di fruire della detrazione nella misura del 50 per cento per gli interventi che riguardano il rifacimento delle scale all’interno dell’edificio posseduto da un unico proprietario, il contribuente potrà fruire della detrazione di cui all’articolo 16- bis del TUIR, attualmente nella misura pari al 50 per cento delle spese sostenute, calcolata su un ammontare massimo delle stesse pari a 96.000 per immobile, per gli interventi di rifacimento delle scale, secondo i criteri sopra precisati. In particolare, considerato che la superficie complessiva delle unità immobiliari destinate a residenza ricomprese nell’edificio è inferiore al 50 per cento, la detrazione per le spese realizzate sulle parti comuni dovrà essere commisurata alle sole unità immobiliari destinate ad abitazione comprese nel medesimo edificio.

Imposta di bollo e fatturazione elettronica

Il Fisco fornisce chiarimenti sulla corretta interpretazione ed applicazione della normativa vigente in tema di imposta di bollo e fatturazione elettronica (AGENZIA DELLE ENTRATE – Risposta 10 gennaio 2022, n. 7)

Nella fattispecie esaminata dall’Agenzia delle entrate, l’istante, rappresentando che nel corso della progettazione di un sistema informatico che intende digitalizzare tutte le procedure e i procedimenti di competenza della struttura amministrativa relativi al pagamento degli indennizzi riconosciuti per la violazione del termine di ragionevole durata del processo, al fine di garantire recuperi di efficienza della struttura stessa, maggiori livelli di efficacia dell’azione amministrativa e una riduzione sostanziale dei tempi dei procedimenti medesimi, pone quesiti volti a conoscere la corretta interpretazione ed applicazione della normativa vigente in tema di imposta di bollo e fatturazione elettronica.
Nello specifico, chiede di conoscere:
1. in quali casi vada applicata, dall’Amministrazione che effettua il pagamento, l’imposta di bollo tramite la decurtazione di Euro 2,00 dall’importo totale da fatturare;
2. se per i pagamenti eseguiti … in favore del professionista che nel procedimento assume contemporaneamente la veste di ricorrente e distrattario delle spese processuali, è sempre prevista l’emissione di fattura elettronica intestata all’Amministrazione che ha effettuato la liquidazione.
Per il Fisco, le fatture che indicano il pagamento di corrispettivi relativi ad operazioni assoggettate ad Iva sono esenti dall’imposta di bollo, mentre sono soggette all’imposta di bollo, nella misura di 2,00 euro, solo se, oltre ad indicare i corrispettivi che si riferiscono alle operazioni assoggettate ad Iva, attestano pagamenti esclusi dalla base imponibile Iva per un ammontare superiore a 77,47 euro.
Inoltre, ggni qualvolta viene emessa una fattura nei confronti della Pubblica Amministrazione, o per obbligo di legge o perché richiesta dalla stessa per documentare gli importi corrisposti, ancorché non assoggettati ad Iva, la stessa deve avvenire esclusivamente in forma elettronica attraverso il Sistema di Interscambio. Peraltro, come noto, a partire dal 1° gennaio 2019 – per effetto di quanto disposto dalla legge di bilancio 2018 – tutti gli operatori economici, residenti o stabiliti in Italia, hanno l’obbligo di emettere la fattura elettronica (fatte poche eccezioni), sia nei rapporti “B2B” (” business to business”) che “B2C” (” business to consumer”).

Fisco: istruzioni per il tax credit “manifesti pubblicitari”

Pubblicate le istruzioni operative per ottenere il credito d’imposta destinato ai titolari di impianti pubblicitari privati (o concessi a privati) che hanno versato il canone patrimoniale dovuto per il 2021 per l’affissione di manifesti commerciali in aree pubbliche o aperte al pubblico (Agenzia delle entrate – Circolare 07 gennaio 2022, n. 1/E).

Nello specifico, l’Agenzia fornisce chiarimenti sulle modalità di fruizione del bonus, introdotto dal Dl Sostegni bis (Dl n. 73/2021) con uno stanziamento complessivo pari a 20 milioni di euro per favorire la ripresa del mercato della pubblicità, anche in considerazione delle ripercussioni economiche dovute all’emergenza sanitaria.
Il credito d’imposta è rivolto ai titolari di impianti pubblicitari privati o concessi a soggetti privati, destinati all’affissione di manifesti e alle installazioni pubblicitarie di natura commerciale. Al fine di favorire la ripresa del mercato della pubblicità effettuata sulle aree pubbliche o aperte al pubblico, l’agevolazione spetta anche nei casi in cui il versamento del canone per il 2021 sia stato effettuato tardivamente – purché comprensivo di interessi e sanzioni – ma comunque entro la data di presentazione della comunicazione dell’importo versato per lo scorso anno a titolo di canone. In ogni caso, ai fini del riconoscimento del credito di imposta va preso in considerazione solo l’importo versato a titolo di canone e non anche quello riferito a interessi e sanzioni dovuti per il tardivo pagamento.
Il credito d’imposta è riconosciuto in proporzione al canone versato relativamente all’anno 2021 per un ammontare corrispondente al canone versato per non più di 6 mesi. Se il versamento è stato effettuato per un periodo superiore a 6 mesi, il canone va, quindi, ricalcolato parametrando l’importo versato ai 6 mesi, seguendo questo schema esemplificativo:
– in caso di canone versato per un periodo inferiore a 6 mesi dell’anno 2021 (ad esempio 4), il contribuente prenderà in considerazione l’intero importo versato;
– in caso di canone versato per un periodo superiore a 6 mesi dell’anno 2021, il contribuente dovrà dividere l’importo pari al canone versato per i mesi di versamento e moltiplicare il risultato ottenuto per 6; quindi se ad esempio il canone è stato versato per 8 mesi, l’importo andrà diviso per 8 e moltiplicato per 6;
– in caso di canone versato per l’intero anno 2021, il canone versato va diviso per 12 e moltiplicato per 6.
Dal 10 febbraio 2022 al 10 marzo 2022, i contribuenti devono comunicare (direttamente o tramite un incaricato abilitato) l’importo versato a titolo di canone per l’anno 2021, utilizzando i canali telematici dell’Agenzia. Ai fini del rispetto del limite di spesa stabilito dal Dl Sostegni bis, l’ammontare massimo del credito d’imposta fruibile è pari all’importo versato relativamente all’anno 2021 a titolo di canone, indicato nella comunicazione, moltiplicato per la percentuale che sarà resa nota con un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, che verrà pubblicato entro il 21 marzo 2022. A partire dal 10 gennaio 2022, il credito d’imposta sarà utilizzabile dai beneficiari in compensazione, esclusivamente tramite i servizi telematici delle Entrate.
Si rammenta che il canone unico patrimoniale (canone di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria) è stato introdotto dalla legge di Bilancio 2020 a partire dal 1° gennaio 2021 in favore degli enti locali, in sostituzione di altri tributi, tra cui la tassa e il canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche (rispettivamente, Tosap e Cosap). Il versamento del canone è effettuato contestualmente al rilascio della concessione o dell’autorizzazione all’occupazione o alla diffusione dei messaggi pubblicitari.

Legge di Bilancio 2022: Imu per i pensionati all’estero

Per l’anno 2022, è ridotta al 37,5% l’Imu sull’unico immobile posseduto in Italia, a titolo di proprietà o usufrutto, da non residenti titolari di pensione estera, purché lo stesso non sia locato o dato in comodato d’uso (Art. 1, co. 743, L. n. 234/2021).

Dal 2020, i pensionati iscritti all’AIRE non beneficiano più di alcuna esenzione IMU.
Infatti fino al 2019, si equiparava l’immobile posseduto dai cittadini italiani non residenti nel territorio dello Stato e iscritti all’AIRE, già pensionati nei rispettivi Paesi di residenza, alla prima casa.
A partire dal 2015 e fino al 2019, la tassa sulla prima casa non era dovuta dai pensionati iscritti all’AIRE, a patto che l’immobile fosse sfitto e non concesso in comodato d’uso.

Con la Legge di Bilancio 2020, l’agevolazione non è stata riproposta nella nuova IMU, imposta che a partire dal 2020 unifica IMU e TASI. Pertanto l’imposta è dovuta anche dai pensionati iscritti all’AIRE.

A partire dall’anno 2021 per una sola unità immobiliare a uso abitativo, non locata o data in comodato d’uso, posseduta in Italia a titolo di proprietà o usufrutto da soggetti non residenti nel territorio dello Stato che siano titolari di pensione maturata in regime di convenzione internazionale con l’Italia, residenti in uno Stato di assicurazione diverso dall’Italia, l’imposta municipale propria (IMU), è applicata nella misura della metà e la tassa sui rifiuti (TARI) è dovuta in misura ridotta di due terzi.

Limitatamente all’anno 2022, la nuova Legge di Bilancio ha ridotto la misura dell’imposta municipale propria al 37,5%.