ARAN – CCNQ: definita la composizione delle Aree di Contrattazione Collettiva Nazionale

In data 10 agosto 2022, tra l’ARAN e le Confederazioni Sindacali, si è sottoscritto il Contratto Collettivo Nazionale Quadro per la definizione della composizione delle aree di contrattazione collettiva nazionale di cui all’art. 7 del CCNQ 3 agosto 2021

Campo di applicazione
Il presente CCNQ, nel dare attuazione alla previsione di cui all’art. 7, co. 2 del precedente CCNQ del 3 agosto 2021, definisce la composizione delle Aree aree di contrattazione collettiva nazionale di cui al citato art. 7.

Aree dirigenziali
I dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1, co. 2 del DLgs 30 marzo 2001, n. 165 disciplinati dai contratti collettivi nazionali relativi al rapporto di lavoro pubblico, ivi compresi quelli di livello dirigenziale generale, ove previsti dai relativi ordinamenti, i segretari comunali e provinciali e i professionisti già ricompresi nelle precedenti aree dirigenziali, sono aggregati, fermo restando quanto stabilito dall’art. 74, co. 3 del DLgs 150 del 2009, nelle seguenti autonome aree di contrattazione collettiva:

A) Area delle Funzioni centrali:
comprende i dirigenti delle amministrazioni del comparto delle Funzioni Centrali di cui all’art. 3 del CCNQ 3/8/2021, ivi inclusi i dirigenti delle professionalità sanitarie del Ministero della Salute di cui all’art. 2 della legge 3 agosto 2007 n. 120, i professionisti già ricompresi nelle precedenti aree dirigenziali, i dirigenti di cui all’art. 5, comma 1, punto VI del CCNQ 3/8/2021.

B) Area delle Funzioni locali:
comprende i dirigenti delle amministrazioni del comparto delle Funzioni Locali di cui all’art. 4 del CCNQ 3/8/2021, i dirigenti amministrativi, tecnici e professionali delle amministrazioni del comparto Sanità di cui all’art. 6 del CCNQ 3/8/2021, nonché i segretari comunali e provinciali.

C) Area dell’Istruzione e della ricerca:
comprende i dirigenti delle amministrazioni del comparto Istruzione e ricerca di cui all’art. 5 del CCNQ 3/8/2021.

D) Area della Sanità:
comprende i dirigenti medici, veterinari, odontoiatri e sanitari delle amministrazioni del comparto Sanità di cui all’art. 6 del CCNQ 3/8/2021, ivi compresi i dirigenti delle professioni sanitarie di cui all’art. 6 della legge 10 agosto 2000, n. 251, con esclusione dei dirigenti amministrativi, tecnici e professionali.

Rimborso Iva e cessione d’azienda: chiarimenti dal Fisco

L’Agenzia delle Entrate, con la risposta 24 agosto 2022, n. 432 ha fornito chiarimenti sul soggetto legittimato a presentare la richiesta di rimborso Iva in ipotesi di cessione d’azienda.

La cessione di un ramo d’azienda è un’operazione straordinaria nella quale si determina una situazione di continuità tra i contribuenti interessati.
Al riguardo, l’art. 16, co. 11, lett. a), L. n. 537/1993, prevista per le operazioni di scissione ed applicabile anche per le cessione di ramo d’azienda secondo quanto chiarito dal Fisco, stabilisce che gli obblighi e i diritti derivanti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto, relativi alle operazioni realizzate tramite le aziende o i complessi aziendali trasferiti, sono assunti dalle società beneficiarie del trasferimento.
Ne consegue che, nelle ipotesi di cessione d’azienda o di uno o più rami aziendali, che abbiano comportato l’estinzione del soggetto dante causa, il cessionario deve assolvere tutti gli adempimenti, agli effetti dell’IVA, successivi alla data di cessione.

Con tale successione, il cedente può presentare la domanda di rimborso dell’IVA non dovuta, accertata definitivamente, entro due anni dalla restituzione, in via civilistica, al cessionario e/o committente. In particolare, per motivi di cautela fiscale e per evitare un indebito arricchimento del cedente/prestatore, il rimborso dell’IVA indebitamente versata è strettamente collegato alla restituzione al cessionario/committente di quanto erroneamente addebitato ed incassato a titolo di rivalsa. I due anni entro i quali presentare la richiesta di rimborso dell’IVA non dovuta decorrono, infatti, dal momento in cui avviene la restituzione al cessionario/committente della medesima somma da lui versata per effetto di

accertamento definitivo.

L’operatore UE in regime di piccole imprese esclude l’acquisto intracomunitario

Gli acquisti di beni effettuati da un soggetto Iva italiano in regime forfettario presso un operatore di un altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese non si considerano acquisti intracomunitari, in quanto si tratta di operazioni rilevanti ai fini Iva nello Stato membro di origine (Agenzia Entrate – risposta 23 agosto 2022 n. 431).

Ai sensi dell’art. 38, co. 5, lett. d), D.L. n. 331/1993, conv. dalla L. n. 427/1993 “non costituiscono acquisti intracomunitari:… d) gli acquisti di beni se il cedente beneficia nel proprio Stato membro dell’esonero disposto per le piccole imprese”.
Il regime speciale delle piccole imprese, concesso dalla Direttiva 2006/112 agli Stati membri entro determinate soglie di esonero, prevede modalità semplificate di imposizione e riscossione dell’imposta per le operazioni attive da esse effettuate. Pertanto, non sono considerate cessioni intracomunitarie le cessioni di beni da esse effettuate nei confronti di altri operatori stabiliti in altro Stato membro.
Allo stesso modo, ai sensi del comma 5, lettera d), del citato art. 38, non sono considerati acquisti intracomunitari le operazioni riguardanti i beni acquistati da qualsiasi operatore italiano, qualora il proprio cedente benefici nel suo paese di tale regime.
Come chiarito dalla circolare n. 26/E del 21 giugno 2010, nel caso di un soggetto passivo d’imposta italiano che effettua acquisti di beni presso un operatore di altro Stato membro sottoposto al regime delle piccole imprese, il soggetto passivo italiano non effettua l’acquisto intracomunitario, in quanto si deve supporre che trattasi di operazione rilevante ai fini IVA nello Stato membro di origine.

Requisiti di iscrizione nel RUNTS delle ODV e APS: sospesi i termini di verifica

Per il periodo dal 1° luglio 2022 al 15 settembre 2022 sono sospesi i termini dei procedimenti di verifica della sussistenza dei requisiti necessari per l’iscrizione nel RUNTS (Registro unico nazionale del Terzo settore) delle ODV (organizzazioni di volontariato) e delle APS (associazioni di promozione sociale) coinvolte nel processo di trasmigrazione. Tali procedimenti hanno avuto inizio il 22 febbraio 2022 e hanno una durata di 180 giorni, salve le sospensioni e interruzioni dei termini previste dal D.M. n.106/2022 nonché, da ultimo, dalla predetta novella legislativa.

 

Se alla data del 30 giugno il procedimento è pendente senza che sia stata formulata alcuna richiesta istruttoria da parte dell’ufficio del RUNTS, il computo dei termini si arresta al 30 giugno e riprenderà il 16 settembre.
Laddove alla data del 30 giugno 2022 risultano formulate richieste istruttorie da parte degli uffici del RUNTS, ugualmente per gli enti destinatari di tali richieste, i termini previsti dall’articolo 31 del D.M. n. 106/2022 entro cui fornire riscontro si sospendono per ricominciare a decorrere a partire dal 16 settembre 2022.
Relativamente alle richieste istruttorie formulate dagli uffici del RUNTS nel periodo 1° luglio 2022-15 settembre 2022, il computo del termine di riscontro da parte degli enti comincerà a decorrere dal 16 settembre 2022.
E’ comunque fatta salva la facoltà per l’ente di fornire i riscontri o gli elementi richiesti durante il periodo di sospensione legislativa, senza effetti su quest’ultima.
Inoltre, l’articolo 26-bis del medesimo D.L. n. 73/2022 ha posposto al 31 dicembre 2022 il termine entro il quale le ODV, le APS e le ONLUS iscritte nei previgenti registri possono ricorrere alle modalità e alle maggioranze previste per le deliberazioni dell’assemblea ordinaria per apportare ai propri statuti le modifiche necessarie ad adeguarli al Codice del Terzo settore ((Comunicato Ministero lavoro 22 agosto 2022).

Bonus affitti: via libera dal Fisco per i canoni versati entro il 29 agosto 2022

È possibile fruire del credito per canoni di locazione ad uso non abitativo ed affitto d’azienda, con riferimento alle mensilità per cui i canoni risultino versati entro il 29 agosto 2022, in considerazione delle prospettabili difficoltà interpretative della misura di sostegno individuate in sede europea, che all’origine includeva i canoni di locazione pagati entro il 30 giugno 2022 (Agenzia Entrate – risposta 12 agosto 2022 n. 426).

L’art. 28 del Decreto Rilancio (D.L. n. 34/2020, conv. con modif. in L. n. 77/2020), al fine di contenere gli effetti negativi derivanti dalle misure di prevenzione e contenimento connesse all’emergenza epidemiologica da Covid-19, ha previsto un credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda al sussistere di determinati requisiti soggettivi ed oggettivi.

Con la circolare n. 14/E del 2020, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che per potere fruire del credito, è necessario che il canone sia stato corrisposto; nel caso in cui il canone non sia stato corrisposto, la possibilità di utilizzare il credito d’imposta resta sospesa fino al momento del pagamento. Inoltre, il documento di prassi ha ulteriormente precisato che ai fini della determinazione del credito d’imposta è necessario considerare le somme effettivamente versate e che al fine di dimostrare l’avvenuto pagamento, i soggetti beneficiari, in assenza di un’espressa previsione normativa sul tema, devono rispettare i principi ordinari previsti per il riconoscimento degli oneri ai fini della deduzione dal reddito d’impresa (articolo 109 del TUIR), per ciascuna tipologia di soggetto tenendo conto delle proprie regole di determinazione del reddito d’impresa, avendo cura di conservare il relativo documento contabile con quietanza di pagamento.

Ciò premesso, si rammenta che l’agevolazione si applica nel rispetto dei limiti e delle condizioni previsti dalla Comunicazione della Commissione europea del 19 marzo 2020 C(2020) 1863 final “Quadro temporaneo per le misure di aiuto di Stato a sostegno dell’economia nell’attuale emergenza del COVID-19”, come modificate con la Comunicazione C(2021) 8442 del 18 novembre 2021. In particolare, questa misura è stata autorizzata dalla Commissione europea con la decisione C(2022) 3099 final del 6 maggio 2022 ed in conformità a quanto disposto, il credito d’imposta può essere riconosciuto solo per i canoni di locazione pagati entro il 30 giugno 2022.

Pur tuttavia, in considerazione delle difficoltà che potrebbero aver incontrato i destinatari della presente misura agevolativa nell’individuare il corretto ambito di applicazione della Comunicazione della Commissione Europea, l’Agenzia delle entrate, a mezzo di una Faq pubblicata sul proprio sito, ha ritenuto di poter considerare validi ai fini del riconoscimento del credito d’imposta anche i canoni versati oltre il 30 giugno 2022 ma entro il 29 agosto 2022, in applicazione dell’art. 3 co. 2, dello Statuto dei diritti del contribuente.

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