L’assenza ingiustificata non legittima il licenziamento del lavoratore

Si configura come illegittimo il licenziamento per giusta causa irrogato al dipendente per assenza ingiustificata o arbitraria dal servizio, se il fatto rientra tra le condotte considerate dalla contrattazione collettiva come punibili con una sanzione conservativa (Corte di Cassazione, Sentenza 26 aprile 2022, n. 13065).

La Corte di Appello territoriale ha confermato la pronuncia di primo grado che aveva annullato il licenziamento per giusta causa intimato dalla società datrice di lavoro.
Nel caso di specie era stato addebitato alla dipendente di trovarsi in villeggiatura in un giorno di permesso ex lege n. 104 del 1992, concesso per assistere la madre disabile, che invece si trovava in altro luogo, violando i principi di correttezza e buona fede nonché gli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà e causando, inoltre, con l’ assenza dal servizio, disagi e disservizi nell’organizzazione del lavoro.
La lavoratrice, scusandosi dell’errore commesso, adduceva quali giustificazioni l’improvvisa indisponibilità espressa dalla madre soltanto nella tarda serata del giorno prima a raggiungerla presso la località di villeggiatura e motivava il mancato tempestivo rientro richiamando le proprie condizioni di salute, anche in relazione alla guida di notte per lunghi tragitti ed al traffico che avrebbe trovato; deduceva, poi, di non aver pensato di avvertire l’azienda del fatto che nella data stabilita non avrebbe potuto materialmente assistere la madre e comunque di essere ripartita per rientrare nel luogo di residenza nel pomeriggio dello stesso giorno, disdettando la prenotazione dell’albergo.
Alla luce di tanto la Corte ha condiviso la sentenza di primo grado, riportando il caso all’ipotesi d’insussistenza della giusta causa di licenziamento perché il fatto rientrava tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni della contrattazione collettiva.

Avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società, ritenendo, in particolare che la Corte di merito non avesse interpretato correttamente la lettera di contestazione disciplinare indirizzata alla dipendente, con la quale la società aveva addebitato alla stessa non già l’assenza ingiustificata o arbitraria dal servizio, bensì la fruizione abusiva del permesso retribuito 104: ipotesi, questa, tale da integrare una giusta causa di licenziamento, conformemente a quanto previsto dalla contrattazione collettiva in caso di violazioni dolose.
La Suprema Corte ha respinto il ricorso, ritenendo, invero, condivisibili le conclusioni rassegnate concordemente dai giudici del primo e del secondo grado, secondo cui la contestazione della società si qualificava come contestazione di assenza ingiustificata per un giorno e non come comportamento fraudolento e preordinato all’abuso della fruizione del permesso ex lege n. 104/92.
I Giudici di legittimità hanno, altresì, evidenziato come diretta conseguenza di tale ricostruzione fosse, nel caso in argomento, l’applicazione della tutela reintegratoria in favore della lavoratrice.
Sul punto la società aveva contestato l’applicazione della predetta tutela, sul presupposto che nella disciplina collettiva applicabile le sanzioni, sia conservative che espulsive, fossero previste per le assenze arbitrarie, mentre quella della dipendente non poteva considerarsi tale, avendo la stessa richiesto di astenersi dal servizio per usufruire del permesso ex art. 33, c. 3, l. n. 104 del 1992.
La Corte, viceversa, ha ritenuto che i giudici di merito, valutando il grado di gravità della condotta posta in essere, avessero correttamente ricondotto la stessa ad un’ ipotesi di assenza arbitraria, ricompresa nell’ambito delle previsioni collettive che stabiliscono sanzioni conservative, tenuto conto del loro carattere vincolante anche ai fini della individuazione della tutela applicabile.

Aiuti di Stato a imprese durante l’emergenza Covid-19: le regole e l’autodichiarazione

È online il modello di dichiarazione sostitutiva che le imprese che hanno ricevuto aiuti di Stato durante l’emergenza Covid-19 devono inviare all’Agenzia delle Entrate. Il documento serve ad attestare che l’importo complessivo dei sostegni economici fruiti non superi i massimali indicati nella Comunicazione della Commissione europea “Temporary Framework” e il rispetto delle varie condizioni previste. L’autodichiarazione deve essere inviata fra il 28 aprile e il 30 giugno 2022 tramite un apposito servizio web disponibile nell’area riservata del sito o attraverso i canali telematici dell’Agenzia (Agenzia delle entrate – Provvedimento 27 aprile 2022, n. 143438).

Con il citato provvedimento n. 143438/2022, in attuazione del decreto Mef dell’11 dicembre 2021, è stato approvato lo schema di autodichiarazione e sono state definite le regole, i termini di presentazione e le modalità di restituzione volontaria degli importi in caso di superamento dei massimali.
La dichiarazione sostitutiva approvata con il provvedimento di oggi deve essere presentata da tutti gli operatori economici che hanno percepito aiuti previsti dalle norme agevolative che rientrano nel c.d. regime “ombrello” (articolo 1, commi da 13 a 15, del “Decreto Sostegni”). In particolare, nel caso in cui la dichiarazione sia stata già resa in sede di presentazione della comunicazione/istanza per l’accesso a quegli aiuti che già prevedevano l’autodichiarazione, la presentazione della dichiarazione sostitutiva “generale” non è obbligatoria, a meno che il beneficiario non abbia successivamente fruito di ulteriori aiuti tra quelli elencati nell’articolo 1 del “Decreto Sostegni”. In quest’ultimo caso, infatti, la dichiarazione va comunque presentata riportando i dati degli ulteriori aiuti successivamente goduti, nonché di quelli già indicati nella dichiarazione sostitutiva precedentemente presentata.
Anche i contribuenti che si avvalgono della definizione agevolata delle somme dovute a seguito del controllo automatizzato delle dichiarazioni (articolo 5, commi da 1 a 9 del Dl n. 41/2021) devono inviare la dichiarazione entro il 30 giugno oppure, se successivo, entro il termine di 60 giorni dal pagamento delle somme dovute o della prima rata. Si tratta, nello specifico, dei contribuenti con partita Iva attiva al 23 marzo 2021 che, a causa della situazione emergenziale, nel 2020 hanno subìto una riduzione superiore al 30 per cento del volume d’affari rispetto all’anno precedente.
La dichiarazione va, comunque, presentata quando:
– il beneficiario ha fruito degli aiuti riconosciuti ai fini IMU senza aver compilato nella precedente dichiarazione sostitutiva il quadro C;
– il beneficiario ha superato i limiti massimi spettanti e deve riversare gli aiuti eccedenti i massimali previsti;
– il beneficiario si è avvalso della possibilità di “allocare” la medesima misura in parte nella Sezione 3.12, sussistendone i requisiti ivi previsti, e in parte nella Sezione 3.1 del Temporary Framework, qualora residui il massimale stabilito.
La dichiarazione deve essere inviata dal 28 aprile al 30 giugno 2022, esclusivamente con modalità telematiche, direttamente dal contribuente o tramite soggetto incaricato della trasmissione delle dichiarazioni, utilizzando il servizio web disponibile nell’area riservata del sito dell’Agenzia delle Entrate oppure, in alternativa, tramite i canali telematici.
Entro cinque giorni dall’invio viene rilasciata una ricevuta che attesta la presa in carico o lo scarto della dichiarazione.
In quest’ultimo caso, sarà comunque considerata tempestiva la dichiarazione trasmessa nuovamente entro i cinque giorni successivi alla comunicazione di scarto dell’Agenzia.

 

Isa, definiti i criteri per l’accesso al regime premiale 2021

L’Agenzia delle Entrate ha individuato i livelli di affidabilità fiscale ai quali sono collegati i benefici premiali relativi al periodo d’imposta 2021, confermando gli stessi livelli di punteggio previsti lo scorso anno per l’accesso ai benefici fiscali e che il giudizio di affidabilità può essere conseguito anche sulla base della media dei punteggi ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per il periodo d’imposta in corso e quello precedente (Agenzia Entrate – provvedimento 27 aprile 2021, n. 143350).

L’art. 9-bis, co. 11, D.L. n. 50/2017, conv., con modif., dalla L. n. 96/2017 prevede uno specifico regime premiale con riferimento ai contribuenti per i quali si applicano gli ISA.
In particolare, è previsto:
– l’esonero dall’apposizione del visto di conformità per la compensazione di crediti per un importo non superiore a 50.000 euro annui relativamente all’imposta sul valore aggiunto e per un importo non superiore a 20.000 euro annui relativamente alle imposte dirette e all’imposta regionale sulle attività produttive;
– l’esonero dall’apposizione del visto di conformità ovvero dalla prestazione della garanzia per i rimborsi dell’imposta sul valore aggiunto per un importo non superiore a 50.000 euro annui;
– l’esclusione dell’applicazione della disciplina delle società non operative (art. 30, L. n. 724/1994);
– l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici;
– l’anticipazione di almeno un anno, con graduazione in funzione del livello di affidabilità, dei termini di decadenza per l’attività di accertamento (art. 43, co. 1, D.P.R. n. 600/1973) con riferimento al reddito di impresa e di lavoro autonomo;
– l’esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo (art. 38, D.P.R. n. 600/1973), a condizione che il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato.

Al riguardo va tenuto in considerazione che i primi due benefici di esonero, con riferimento all’imposta sul valore aggiunto, per la specifica annualità di imposta, non risultano correlabili ai livelli di affidabilità fiscale conseguenti all’applicazione degli ISA per l’analogo periodo d’imposta, a causa della diversa scadenza dei termini di presentazione della richiesta di compensazione e/o di rimborso del credito IVA infrannuale, nonché della dichiarazione annuale IVA, rispetto al termine di presentazione della dichiarazione ai fini delle imposte dirette.
Pertanto, con il nuovo provvedimento del 27 aprile 2022, l’Agenzia delle Entrate disciplina, per il periodo d’imposta 2021, le condizioni in presenza delle quali si rendono applicabili i benefici in argomento.

Con riferimento alla prima tipologia di beneficio, l’esonero dall’apposizione del visto di conformità sulla dichiarazione annuale è riconosciuto ai contribuenti che, per il periodo d’imposta 2021, presentano un livello di affidabilità almeno pari a 8, per la compensazione dei crediti di importo non superiore a:
– 50.000 euro annui relativi all’imposta sul valore aggiunto, maturati nell’annualità 2022;
– 20.000 euro annui relativi alle imposte dirette e all’imposta regionale sulle attività produttive, maturati nel periodo d’imposta 2021.

L’esonero dall’apposizione del visto di conformità sulla richiesta di compensazione del credito IVA infrannuale, maturato nei primi tre trimestri dell’anno di imposta 2023, è riconosciuto, per crediti di importo non superiore a 50.000 euro annui, ai contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 8 per il periodo di imposta 2021.
I suddetti benefici sono riconosciuti anche ai contribuenti che presentano un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 8,5, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2020 e 2021.

Per quanto concerne il secondo beneficio, l’esonero dall’apposizione del visto di conformità, ovvero dalla prestazione della garanzia, sulla richiesta di rimborso del credito IVA maturato per l’anno di imposta 2022, è riconosciuto, per crediti di importo non superiore a 50.000 euro annui, ai contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 8 per il periodo di imposta 2021.

L’esonero dall’apposizione del visto di conformità, ovvero dalla prestazione della garanzia, sulla richiesta di rimborso del credito IVA infrannuale maturato nei primi tre trimestri dell’anno di imposta 2023, è riconosciuto, per crediti di importo non superiore a 50.000 euro annui, ai contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 8 per il periodo di imposta 2021.
Tali benefici sono riconosciuti anche ai contribuenti che presentano un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 8,5, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2020 e 2021.

Riguardo all’esclusione dell’applicazione della disciplina delle società non operative, tale beneficio è riconosciuto per il periodo d’imposta 2021:
– ai contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 9 per il periodo di imposta 2021;
– ai contribuenti con un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 9, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2020 e 2021.

Per quanto concerne l’esclusione degli accertamenti basati sulle presunzioni semplici, il beneficio è riconosciuto per il periodo d’imposta 2021:
– ai contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 8,5 per il periodo di imposta 2021;
– ai contribuenti con un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 9, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2020 e 2021.

Riguardo all’anticipazione di almeno un anno dei termini di decadenza per l’attività di accertamento è stabilito che i termini di decadenza per l’attività di accertamento, sono ridotti di un anno, con riferimento al periodo d’imposta 2021, nei confronti dei contribuenti con un livello di affidabilità almeno pari a 8 per il medesimo periodo di imposta.

In relazione all’esclusione della determinazione sintetica del reddito complessivo, il beneficio è riconosciuto ai contribuenti ai quali è attribuito un livello di affidabilità almeno pari a 9 per il medesimo periodo di imposta, a condizione che il reddito complessivo accertabile non ecceda di due terzi il reddito dichiarato.
Il beneficio è riconosciuto anche ai contribuenti che presentano un livello di affidabilità complessivo almeno pari a 9, calcolato attraverso la media semplice dei livelli di affidabilità ottenuti a seguito dell’applicazione degli ISA per i periodi d’imposta 2020 e 2021.

I contribuenti che conseguono, nel medesimo periodo di imposta, sia reddito di impresa sia reddito di lavoro autonomo, accedono ai benefici premiali se:
– applicano, per entrambe le categorie reddituali, i relativi ISA, laddove previsti;
– il punteggio attribuito a seguito dell’applicazione di ognuno di tali ISA, anche sulla base di più periodi d’imposta, è pari o superiore a quello minimo individuato per l’accesso al beneficio stesso.

L’individuazione delle suddette soglie di accesso ai predetti benefici è stata effettuata in conformità a quelle già individuate con riferimento al periodo d’imposta 2020, tenuto conto dei dati dichiarativi relativi a tale annualità.

Incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero

In tema di incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero, fermo restando i requisiti previsti dalla disciplina agevolativa, non costituisce motivo di esclusione la prestazione di attività lavorativa subordinata part-time con modalità a distanza per una società italiana contestualmente allo svolgimento di attività di docenza e ricerca all’estero, né lo svolgimento di un soggiorno di ricerca temporaneo in Italia per un periodo inferiore a 183 giorni nell’anno. (Agenzia delle Entrate – Risposta 27 aprile 2022, n. 222).

Il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda la fruizione degli incentivi per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero.
Nella fattispecie, una ricercatrice italiana, residente all’estero da ottobre 2012, ha svolto documentata attività di ricerca e docenza all’estero presso università e centri di ricerca pubblici e privati. In particolare, l’attività di ricerca è stata svolta:
– per 24 mesi continuativi dal 1° settembre 2014 al 31 agosto 2016, presso un’Università svizzera;
– per 4 mesi continuativi dal 1° novembre 2017 al 31 marzo 2018, presso un Istituto svizzero;
– per 18 mesi continuativi dal 1° aprile 2018 al 30 settembre 2019, presso un’Università francese.
Inoltre, è stata svolta attività di ricerca e docenza per 18 mesi continuativi dal 1° aprile 2020 al 31 agosto 2021 presso un’Università svizzera.
Contestualmente all’attività di ricerca all’estero, dal 27 dicembre 2016 al 18 aprile 2018, è stata svolta attività di lavoro subordinato part-time (20 ore a settimana) in modalità a distanza per una società italiana.
Inoltre, dal 1° marzo 2017 al 30 giugno 2017, è stato svolto un soggiorno di ricerca temporaneo in Italia.
Considerato che dal 1 ° aprile 2022 la ricercatrice inizia attività di ricerca in Italia, come collaboratrice scientifica in forza di un contratto di lavoro subordinato full-time a tempo determinato (3+2 anni), trasferendo la residenza fiscale in Italia, si chiede se sia possibile accedere al regime fiscale agevolato previsto per il rientro in Italia di ricercatori residenti all’estero.
In particolare, fermo restando il rispetto delle condizioni stabilite dalla disciplina agevolativa, si chiede se sono ostativi alla fruizione dell’agevolazione:
1) la prestazione di attività lavorativa subordinata part-time con modalità a distanza contestualmente allo svolgimento di attività di docenza e ricerca all’estero e lo svolgimento di un soggiorno di ricerca temporaneo in Italia, per i periodi sopra rispettivamente indicati;
2) l’aver svolto attività di ricerca e docenza all’estero per un periodo di due anni continuativi (dal 01.09.2014 al 31.08.2016) non coincidente con i due anni immediatamente precedenti il rientro in Italia (01.04.2022).

In relazione al secondo quesito, riguardante il requisito dell’attività di ricerca e docenza svolta all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che detta attività non necessariamente deve essere stata svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato, prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali qualificate attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi.

Con riferimento al primo quesito, concernente lo svolgimento di attività per società, enti ed istituzioni italiane durante la permanenza all’estero, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che l’attività di lavoro dipendente part-time per la società italiana, dall’estero e in modalità a distanza, deve ritenersi produttiva di redditi fuori dal territorio italiano, pertanto non è ostativo alla fruizione del beneficio;
Riguardo al soggiorno di ricerca temporaneo in Italia, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che, siccome la predetta attività di ricerca (in Italia) è stata svolta per un periodo inferiore a 183 giorni, nel periodo d’imposta non risulta integrata la condizione che determina la fictio juris della residenza fiscale in Italia, ovvero non può essere assunto come periodo d’imposta in cui il reddito da docenza o ricerca risulta prodotto nel territorio dello Stato in modo prevalente. Pertanto, non deve ritenersi ostativo della fruizione del beneficio.

IVA: esenzione per prestazioni proprie case di riposo e simili

Possono essere fatturate in esenzione da IVA le rette chieste per i servizi di alloggio, per i servizi assimilabili a quelli di sostegno e cura della persona nonché per le altre prestazioni accessorie a questi ultimi, che si rende agli ospiti portatori di handicap psichici. (Agenzia delle entrate – Risposta 27 aprile 2022, n. 221)

 

Nel caso esaminato dall’Amministrazione finanziaria, un’impresa sociale senza scopo di lucro, la cui attività attuale consiste nel fornire assistenza sociale non domiciliare in favore di soggetti con disturbi psichiatrici, intende ampliare la propria attività avviando delle unità abitative in cui attuare programmi residenziali di “abitare supportato”, che non prevedono l’assistenza continua, ma si fondano sul sostegno offerto da operatori non stabilmente presenti nell’appartamento assegnato all’utente. All’utente verrà addebitata dalla Società una retta che include sia l’utilizzo dell’appartamento all’interno del quale risiederà, sia il supporto nello svolgimento delle attività quotidiane nonché l’utilizzo delle strutture comuni (“Club House”). Tra i servizi forniti vi sono le utenze domestiche (Acqua, luce, gas e immondizia), l’assicurazione a copertura dell’immobile e del suo contenuto, le manutenzioni ordinarie dell’immobile, l’accompagnamento a visite mediche ordinarie, attività pomeridiane. La Società chiede pertanto il corretto trattamento ai fini IVA di tali prestazioni.
Secondo il parere del Fisco, ai sensi dell’art. 10, primo comma, n. 21) del dpr n. 633 del 1972 (Decreto Iva) sono esenti dall’imposta le prestazioni proprie dei brefotrofi, orfanotrofi, asili, case di riposo per anziani e simili, comprese le somministrazioni di vitto, indumenti e medicinali, le prestazioni curative e le altre prestazioni accessorie.
Come chiarito in diversi documenti di prassi, l’esenzione in argomento ha carattere oggettivo, essendo per la sua applicazione rilevante solo la riconducibilità dei servizi resi tra quelli ivi indicati e non anche la natura giuridica del soggetto prestatore.
Stante, pertanto, il carattere oggettivo dell’esenzione in oggetto, si ritiene che possano essere fatturate in esenzione da IVA le rette chieste dall’Istante per i servizi di alloggio, per i servizi assimilabili a quelli di sostegno e cura della persona nonché per le altre prestazioni accessorie a questi ultimi, che rende ai suoi ospiti portatori di handicap psichici.

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