Operazioni con la Repubblica di San Marino: modello T2

La qualificazione fiscale della transazione sottostante alla spedizione di merci con trasporto diretto da uno Stato membro diverso dall’Italia verso San Marino, non ha alcuna rilevanza in ordine alla prova che l’operatore deve fornire per attestare che le medesime sono in posizione di libera pratica (Agenzia delle entrate – Risposta 11 gennaio 2022, n. 14).

La Repubblica di San Marino non fa parte del territorio dell’Unione Europea e pertanto gli acquisti o le vendite di beni effettuati da o verso un soggetto passivo IVA, stabilito in uno Stato UE, da un operatore sanmarinese, costituiscono per quest’ultimo un’importazione o un’esportazione da o verso il territorio comunitario. L’assolvimento dell’IVA avverrà pertanto tramite procedura doganale.
Fanno eccezione gli scambi tra l’Italia e la Repubblica di San Marino perché contraddistinti dalla mancanza di una dogana fisica tra i due Stati: in questo caso l’IVA è assolta secondo le modalità indicate nel decreto 26 giugno 2021, che ha abrogato il decreto 24 dicembre 1993.
In merito alle cessioni di beni effettuate da un operatore sammarinese a favore di altro operatore, stabilito in uno Stato UE, diverso dall’Italia, possono avvenire per il tramite del rappresentante fiscale in Italia del cedente sammarinese.
Nel caso di un’importazione di beni in RSM dal territorio comunitario, detto trasferimento di merce deve essere sempre accompagnato dal documento di prova T2.
Infatti, l’articolo 3 della Decisione n. 1/2002 del Comitato di cooperazione tra CE e RSM (che stabilisce, tra l’altro, la documentazione doganale che deve essere utilizzata nell’ambito della circolazione delle merci tra gli Stati membri dell’Unione e la Repubblica di San Marino) ” prevede l’obbligo della presentazione alle Autorità competenti di San Marino di una prova del fatto che le merci sono in libera pratica all’interno dell’Unione.
Tale prova può essere costituita dal Documento di Accompagnamento del Transito (T2 o T2F), dalla prova originale della posizione doganale di merci unionali (T2L o T2LF) o da un documento di effetto equivalente.
Al riguardo, appare utile precisare che la suddetta normativa non prevede alcuna deroga alla presentazione della predetta documentazione.
Pertanto, l’Agenzia ritiene che la qualificazione fiscale della transazione (che nel caso di specie avviene attraverso un rappresentante fiscale stabilito in Italia) sottostante alla spedizione di merci con trasporto diretto da uno Stato membro diverso dall’Italia verso San Marino, non abbia alcuna rilevanza in ordine alla prova che l’operatore deve fornire per attestare che le medesime sono in posizione di libera pratica.

Tax credit per le librerie: più risorse con la Legge di Bilancio 2022

Incrementate di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 le risorse destinate al credito d’imposta, introdotto dalla legge di bilancio 2018, in favore dei venditori al dettaglio di libri in esercizi specializzati (art. 1, co. 351, L. n. 234/2021).

A decorrere dall’anno 2018, agli esercenti di attività commerciali che operano nel settore della vendita al dettaglio di libri in esercizi specializzati è riconosciuto, nel limite di spesa di 4 milioni di euro per l’anno 2018 e di 5 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2019, un credito d’imposta parametrato agli importi pagati a titolo di IMU, TASI e TARI con riferimento ai locali dove si svolge la medesima attività di vendita di libri al dettaglio, nonché alle eventuali spese di locazione, anche in relazione all’assenza di librerie nel territorio comunale.

Il credito d’imposta, previsto dalla Legge di Bilancio 2018 (L. n. 205/2017), è rivolto esclusivamente alle attività contraddistinte con il seguente codice ateco:
– 47.61.00: Commercio al dettaglio di libri nuovi in esercizi specializzati;
– 47.79.10: Commercio al dettaglio di libri di seconda mano.

Il credito d’imposta è stabilito nella misura massima di 20.000 euro per gli esercenti di librerie che non risultano ricomprese in gruppi editoriali dagli stessi direttamente gestite e di 10.000 euro per gli altri esercenti.

La Legge di Bilancio 2022 ha incrementato di 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2022 e 2023 le risorse destinate al credito d’imposta.

Reddito di cittadinanza: sanatoria requisito di residenza

Per i richiedenti il reddito di cittadinanza che al momento della presentazione della domanda non sono risultati iscritti nei registri anagrafici nonostante siano presenti sul territorio italiano da almeno 10 anni, è riconosciuta la possibilità di regolarizzare la propria posizione, presentando entro 30 giorni dall’accertamento di mancanza del requisito la richiesta di iscrizione all’anagrafe (Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Nota 21 dicembre 2021, n. 10155)

Il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali apre alla sanatoria in favore dei richiedenti il reddito di cittadinanza (RdC) che al momento di presentazione della domanda, pur essendo presenti sul territorio italiano, non risultavano iscritti nei registri anagrafici.
Si ricorda che tra le condizioni per beneficiare del reddito di cittadinanza è richiesta la residenza in Italia per almeno 10 anni e la mancata iscrizione nelle anagrafi estere o all’AIRE nei 2 anni precedenti la domanda, in modo continuativo.
Il Ministero chiarisce che è possibile sanare la situazione, provvedendo alla iscrizione anagrafica, a condizione che la presenza effettiva in Italia per la durata richiesta dalla norma sia stata opportunamente documentata e accertata (dieci anni di cui gli ultimi due in modo continuativo).
La responsabilità di determinare la validità dell’elemento oggettivo di riscontro circa la presenza del richiedente sul territorio italiano quando non era iscritto nei registri dell’anagrafe compete al Comune.
Al fine di sanare l’assenza di iscrizione anagrafica al momento della domanda, il richiedente, per il quale sia stata accertata la residenza effettiva, ha la possibilità di richiedere l’iscrizione nei registri anagrafici entro 30 giorni dalla comunicazione dell’avvenuto accertamento della mancanza della condizione da parte del responsabile dei controlli anagrafici. In mancanza di tale iscrizione il beneficio è revocato.
Come accennato in precedenza, il richiedente/beneficiario che dimostri di essere presente sul territorio italiano per la durata richiesta, inoltre, non deve risultare iscritto nelle anagrafi estere o all’AIRE, tanto al momento di presentazione della domanda che per i precedenti due anni in modo continuativo e per i complessivi dieci.
In relazione al requisito della residenza sul territorio nazionale, il Ministero ha precisato che, secondo il principio affermato in giurisprudenza, la residenza è determinata dalla abituale e volontaria dimora della persona in un determinato luogo, precisando che per l’individuazione di tale luogo devono sussistere in capo al soggetto due elementi:
– uno oggettivo, ossia la sua permanenza fisica in un determinato luogo;
– uno soggettivo, ossia la volontarietà di tale permanenza, desumibile dal comportamento tenuto dal soggetto.
La sussistenza dell’elemento soggettivo non può ritenersi configurabile qualora il richiedente/beneficiario risultasse iscritto all’AIRE o presso le anagrafi estere; ciò in quanto il soggetto non ha attivato, come avrebbe dovuto, la procedura prevista per l’iscrizione all’anagrafe italiana.
Pertanto, il periodo in cui i richiedenti RdC erano iscritti presso l’AIRE o le anagrafi estere non possono essere presi in considerazione ai fini della verifica del requisito di residenza, anche nel caso in cui gli stessi dovessero dimostrare la presenza sul territorio italiano.

Istanza di revisione per il rigetto della domanda di cfp per riduzione del canone di locazione

In caso di rigetto della domanda  di CFP riconosciuto per la riduzione dei canoni dei contratti di locazione di immobili ad uso abitativo nonostante risulti soddisfatto il requisito temporale per l’ammissione, il locatore deve presentare un’istanza di revisione, in autotutela, dell’esito del rigetto sulla base di quella già trasmessa in pendenza dei termini (l’Agenzia delle Entrate – Risposta 11 gennaio 2022, n. 13).

Il caso esaminato dall’Agenzia delle Entrate riguarda il rigetto della domanda di contributo a fondo perduto per la riduzione dei canoni di locazione previsto dal “decreto Ristori”.
Con riferimento ad un contratto di locazione di un immobile ad uso abitativo in essere alla data del 29 ottobre 2020 sono state effettuate due rinegoziazioni:
– la prima, relativa al periodo dal 23/06/2020 al 22/06/2021, con la quale è stato ridotto l’importo del canone annuo;
– la seconda, riguardante il periodo dal 23/06/2021 al 22/07/2022, con la quale è stata riconfermata la medesima riduzione prevista con la prima rinegoziazione.
In relazione alla seconda rinegoziazione, il locatore ha presentato domanda per il riconoscimento del contributo a fondo perduto per riduzione del canone di locazione previsto dal “decreto Ristori”, tuttavia la procedura non ha riconosciuto la diminuzione del canone, poiché già effettuata con la prima rinegoziazione. Pertanto, l’istanza è stata respinta.
Si chiede in che modo sia possibile ottenere il beneficio, sebbene il software per la presentazione dell’istanza non consenta l’inoltro della relativa istanza di ammissione.

Il Decreto Ristori stabilisce che per l’anno 2021, al locatore di immobile ad uso abitativo, ubicato in un comune ad alta tensione abitativa, che costituisca l’abitazione principale del locatario, che riduce il canone del contratto di locazione in essere alla data del 29 ottobre 2020, è riconosciuto un contributo a fondo perduto fino al 50 per cento della riduzione del canone, entro il limite massimo annuo di 1.200 euro per singolo locatore.
Ai fini del riconoscimento del contributo, il locatore deve comunicare, in via telematica, all’Agenzia delle Entrate la rinegoziazione del canone di locazione e ogni altra informazione utile ai fini dell’erogazione del contributo.
A tal fine l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il contributo spetta a condizione che la locazione:
– abbia una decorrenza non successiva al 29 ottobre 2020 e risulti in essere alla predetta data;
– sia oggetto di rinegoziazione in diminuzione del canone previsto per tutto l’anno 2021 o per parte di esso.
In particolare, il contributo è destinato ai locatori che dal 25 dicembre 2020 al 31 dicembre 2021 hanno ridotto i canoni del contratto di affitto per tutto o parte dell’anno 2021. Il contratto di locazione deve essere oggetto di una o più rinegoziazioni in diminuzione del canone per tutto l’anno 2021 o per parte di esso e tali rinegoziazioni devono avere data di decorrenza pari o successiva al 25 dicembre 2020.

In considerazione della normativa di riferimento, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il contributo non spetta con riferimento ai contratti di locazione che, seppur in essere al 29 ottobre 2020, sono stati rinegoziati prima del 25 dicembre 2020.
Nel caso di specie, assumendo il contratto “iniziale” ancora in essere alla data del 29 ottobre 2020, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la “seconda” rinegoziazione relativa al periodo dal 23/06/2021 al 22/07/2022, soddisfa il requisito temporale per l’ammissione alla richiesta del contributo.
In particolare, il contratto è stato oggetto di una “prima” rinegoziazione per la diminuzione del canone alla scadenza della quale, se non si fosse provveduto con una successiva rinegoziazione, il canone sarebbe ritornato al valore iniziale pattuito.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, in tale ipotesi il locatore può essere ammesso a richiedere il contributo, a condizione che presenti all’Agenzia delle entrate una istanza volta alla revisione, in autotutela, dell’esito del rigetto sulla base di quella già trasmessa in pendenza dei termini.
Qualora il locatore sia un soggetto non residente in Italia, detta istanza può essere presentata via PEC all’Ufficio presso il quale è stato registrato il contratto di locazione in essere, firmata digitalmente e contenente tutti i dati previsti dal Provvedimento n. 180139/2021, con allegazione della documentazione probatoria relativa alla rinegoziazione del canone di locazione.
L’Agenzia delle Entrate precisa che insieme al modello dell’istanza deve essere inviata, altresì, una nota con la quale il soggetto richiedente il contributo specifica in modo puntuale e chiaro i motivi dell’errore.

Assegno unico e universale (AUU): informativa ai datori di lavoro e ai lavoratori

Si raccomanda ai datori di lavoro di voler informare tutti i dipendenti che al fine di poter percepire l’AUU già dal mese di marzo, senza alcuna soluzione di continuità rispetto al precedente regime né, quindi, riduzione delle disponibilità economiche da quel mese, sarà necessario che gli aventi diritto si attivino per presentare le domande di AUU. (Comunicato congiunto Inps – Agenzia delle Entrate 31 dicembre 2021)

Il Governo è stato delegato ad adottare uno o più decreti legislativi volti a riordinare, semplificare e potenziare, anche in via progressiva, le misure a sostegno dei figli a carico attraverso l’assegno unico e universale. (legge delega n. 46 del 2021). In via temporanea e in attesa dell’adozione dei decreti legislativi attuativi della legge delega, a decorrere dal 1° luglio 2021 è stato introdotto l’assegno temporaneo per figli minori.
In attuazione della medesima legge delega, a decorrere dal 1° marzo 2022, viene istituito l’assegno unico e universale per i figli a carico (AUU), che costituisce un beneficio economico attribuito, su base mensile, per il periodo compreso tra marzo di ciascun anno e febbraio dell’anno successivo, ai nuclei familiari sulla base della condizione economica del nucleo, in base all’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE). (D. lgs. n. 230/2021).
L’assegno unico universale spetta anche in assenza di ISEE sulla base dei dati autodichiarati nel modello di domanda dal richiedente la misura, secondo le regole previste in materia di ISEE.
L’AUU sarà erogato a decorrere dal 1° marzo 2022 e da quella data, per effetto di una complessiva riorganizzazione del welfare familiare, cesseranno di avere efficacia:
1. le misure di sostegno alle famiglie di cui al decreto-legge che ha istituito l’Assegno temporaneo per i figli minori;
2. le detrazioni fiscali per figli a carico minori di 21 anni;
3. limitatamente ai nuclei familiari con figli e orfanili, l’assegno per il nucleo familiare e gli assegni familiari.

L’informativa in oggetto viene, quindi, trasmessa ai seguenti fini:
– consentire una pianificazione tempestiva dell’adeguamento delle procedure interne ai datori di lavoro sia per l’erogazione degli assegni ai nuclei familiari e per gli assegni familiari sia per l’adempimento, quanto alle detrazioni per i figli a carico minori di 21 anni, degli obblighi di sostituto di imposta gravanti sui datori di lavoro stessi;
– raccomandare ai datori di lavoro di dare pronta ed efficace informativa del cambio di regime a tutti i dipendenti.
In particolare, si raccomanda ai datori di lavoro di voler informare tutti i dipendenti che:
1. al fine di poter percepire l’AUU già dal mese di marzo – senza alcuna soluzione di continuità rispetto al precedente regime né, quindi, riduzione delle disponibilità economiche da quel mese – sarà necessario che gli aventi diritto si attivino per presentare le domande di AUU. Per le domande presentate a partire dal 1° gennaio al 30 giugno, l’assegno decorre dalla mensilità di marzo (per le domande presentate dal 1° luglio in poi, la prestazione decorre dal mese successivo a quello di presentazione).
2. sarà possibile fare richiesta dell’ISEE aggiornato, da allegare alla domanda per ottenere un assegno pieno, commisurato alla situazione economica del nucleo familiare. Per le domande con ISEE già presentato al momento della domanda, la misura della prestazione viene determinata sulla base dell’indicatore. Nel caso di presentazione dell’ISEE entro il 30 giugno, la prestazione viene conguagliata sulla base dell’ISEE successivamente presentato entro tale data.

L’Assegno Unico e Universale (AUU) per i figli:
– è una prestazione erogata mensilmente dall’INPS a tutti i nuclei familiari con figli di età inferiore a 21 anni che ne faranno richiesta; l’erogazione avviene tramite bonifico sul conto corrente dei genitori;
– spetta a tutti i nuclei familiari indipendentemente dalla condizione lavorativa dei genitori (non occupati, disoccupati, percettori di reddito di cittadinanza, lavoratori dipendenti, lavoratori autonomi e pensionati) e senza limiti di reddito;

– ha un importo commisurato all’ISEE; tuttavia nel caso in cui non si volesse presentare un ISEE, è comunque possibile fare domanda e ottenere l’importo minimo per ciascun figlio.
L’AUU sostituisce detrazioni e assegni per il nucleo
Dal mese di marzo 2022 non verranno più erogati in busta paga gli assegni per il nucleo familiare e gli assegni familiari; inoltre, non saranno più riconosciute le detrazioni per figli a carico sotto i 21 anni. Questi strumenti verranno sostituiti dall’AUU, per il quale è necessario presentare domanda all’INPS, anche tramite Patronati.
Fino alla fine di febbraio del primo anno di applicazione (2022) saranno prorogate le misure in essere, cioè assegno temporaneo, assegno ai nuclei familiari, assegni familiari e detrazioni fiscali per i figli minori di 21 anni.

Le domande, corredate o meno di ISEE, potranno essere presentate a partire dal 1° gennaio 2022.
Le domande possono essere presentate in qualunque momento dell’anno e, se accolte, danno diritto all’erogazione del beneficio fino al mese di febbraio dell’anno successivo. Tutte le domande presentate entro il 30 giugno di ciascun anno danno comunque diritto agli arretrati dal mese di marzo.
La domanda va presentata:
– accedendo dal sito web www.inps.it al servizio “Assegno unico e universale per i figli a carico” con SPID almeno di livello 2, Carta di identità elettronica 3.0 (CIE) o Carta Nazionale dei Servizi (CNS);
– contattando il numero verde 803.164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06 164.164 (da rete mobile, con la tariffa applicata dal gestore telefonico);
– tramite enti di patronato, attraverso i servizi telematici offerti gratuitamente dagli stessi.

La domanda richiede soltanto l’autocertificazione di alcune informazioni di base quali:
1) composizione del nucleo familiare e numero di figli;
2) luogo di residenza dei membri del nucleo familiare;
3) IBAN di uno o di entrambi i genitori
La domanda può essere o meno accompagnata da ISEE aggiornato: la presentazione dell’ISEE è necessaria per ottenere un assegno pieno commisurato alla situazione economica della famiglia.
– Nel caso di presentazione dell’ISEE, la richiesta di ISEE aggiornato sarà possibile dal 1° gennaio 2022.
– In mancanza di ISEE, la domanda per l’AUU può essere presentata dal 1° gennaio 2022 e ciascun avente diritto riceverà l’importo minimo previsto.
Ai nuclei familiari con ISEE inferiore a 15.000 euro, spetta per ogni figlio minore un assegno base di 175 euro. Questo valore decresce al crescere dell’ISEE, fino a stabilizzarsi a 50 euro mensili a figlio per ISEE pari o superiori a 40.000 euro.
A questa base si sommano varie maggiorazioni per: 1) ogni figlio successivo al secondo; 2) famiglie numerose; 3) figli con disabilità; 4) madri di età inferiore ai 21 anni; 5) nuclei familiari con due percettori di reddito. Una maggiorazione temporanea è, inoltre, prevista per i nuclei familiari con ISEE inferiore a 25.000 euro.

L’assegno spetta per i figli rientranti nel nucleo familiare indicato a fini ISEE dal richiedente.
Per le domande non corredate da ISEE, che danno diritto all’assegno minimo, spetta per i figli che rientrerebbero nell’ISEE sulla base di una autocertificazione.
L’assegno spetta anche per i figli maggiorenni fino al compimento dei 21 anni di età, se seguono un corso di formazione scolastica, professionale o di laurea, se hanno un reddito da lavoro inferiore agli 8.000 euro o se sono registrati come disoccupati presso i servizi pubblici per l’impiego. Per i figli con disabilità, spetta senza limiti di età.
L’assegno è riconosciuto a condizione che al momento della presentazione della domanda e per tutta la durata del beneficio il richiedente sia in possesso congiuntamente dei seguenti requisiti di cittadinanza, residenza e soggiorno:
a. sia cittadino italiano o di uno Stato membro dell’Unione europea, o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente, ovvero sia cittadino di uno Stato non appartenente all’Unione europea in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o sia titolare di permesso unico di lavoro autorizzato a svolgere un’attività lavorativa per un periodo superiore a sei mesi o sia titolare di permesso di soggiorno per motivi di ricerca autorizzato a soggiornare in Italia per un periodo superiore a sei mesi;
b. sia soggetto al pagamento dell’imposta sul reddito in Italia;
c. sia residente e domiciliato in Italia;
d. sia o sia stato residente in Italia da almeno due anni, anche non continuativi, ovvero sia titolare di un contratto di lavoro a tempo indeterminato o a tempo determinato di durata almeno semestrale.
Per i percettori di reddito di cittadinanza, l’assegno è corrisposto d’ufficio.

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