Fringe benefit e stock option: trasmissione dati

L’INPS, con il messaggio 26 gennaio 2022, n. 401 ha fornito le istruzioni sulla trasmissione dei dati relativi ai compensi erogati dalle aziende a titolo di fringe benefit e di stock option al personale cessato dal servizio nel periodo di imposta 2021 ai fini dell’emissione delle Certificazioni Uniche (INPS – messaggio 26 gennaio 2022, n. 401).

Ai sensi dell’art. 51, D.P.R. n. 917/1986, il reddito di lavoro dipendente è costituito da tutte le somme e i valori in genere, a qualunque titolo percepiti nel periodo d’imposta, anche sotto forma di erogazioni liberali, in relazione al rapporto di lavoro.
Tale disposizione stabilisce il cosiddetto “principio di onnicomprensività” che comporta l’assoggettamento a tassazione di tutto ciò che il lavoratore dipendente riceve in relazione al rapporto di lavoro, fatte salve le eccezioni ivi previste.

L’ampia locuzione legislativa ricomprende, oltre alla retribuzione corrisposta in danaro, anche quei vantaggi accessori, quali i fringe benefit e le stock option, che i lavoratori subordinati possono conseguire come integrazione della retribuzione.
A tale riguardo, per l’anno 2020, il DL Agosto (art. 112, D.L. n. 104/2020, conv., con modif., dalla L. n. 126/2020), ha elevato ad 516,46 euro annui l’importo del valore dei beni ceduti e dei servizi prestati dall’azienda ai lavoratori dipendenti che non concorre alla formazione del reddito; tale valore è stato confermato anche per il 2021 dal D.L. n. 41/2022, conv. con modif. in L. n. 69/2021.
Relativamente alle tempistiche da rispettare da parte dei datori di lavoro nella trasmissione all’INPS dei dati relativi ai compensi erogati a titolo di fringe benefit e di stock option al personale cessato dal servizio nel corso dell’anno 2021, va premesso che l’art. 23, co. 3, D.P.R. n. 600/1973, prevede che, entro il 28 febbraio dell’anno successivo a quello di riferimento, il sostituto d’imposta è tenuto ad effettuare il conguaglio fiscale di fine anno. Inoltre, l’Istituto, come tutti i sostituti d’imposta, è tenuto a trasmettere telematicamente all’Amministrazione finanziaria i flussi delle Certificazioni Uniche, ai fini della dichiarazione precompilata dei redditi dei contribuenti.

In tal senso, al fine di consentire all’Inps di effettuare tempestivamente gli adempimenti ai quali è tenuto in qualità di sostituto d’imposta, i datori di lavoro interessati dovranno inviare telematicamente, entro e non oltre il 21 febbraio 2022, i dati relativi ai compensi per fringe benefit e stock option erogati nel corso del periodo di imposta 2021 al personale cessato dal servizio durante l’anno 2021.

I flussi che perverranno tardivamente rispetto alle suddette tempistiche non potranno essere oggetto di conguaglio fiscale di fine anno. Saranno tuttavia oggetto di rettifiche delle Certificazioni Uniche, nelle quali sarà espressamente indicato al contribuente, nelle annotazioni, l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi.

Per l’invio dei dati è necessario utilizzare l’applicazione “Comunicazione Benefit

Aziendali”, disponibile sul sito istituzionale www.inps.it.

INPS: Precisazioni sulla procedura “VE.R.A.” per la cerificazione dei debiti contributivi

L’INPS con messaggio del 26 gennaio 2022, n. 400, ha fornito precisazioni in merito alla procedura “VE.R.A. e Certificazione dei Debiti Contributivi”

L’INPS, con messaggio del 26 gennaio 2022, n. 400, fornisce ulteriori precisazioni in merito alla “VE.R.A. e Certificazione dei Debiti Contributivi”, illustrata in precedenza con i messaggi n. 4696 del 28 dicembre 2021 e n. 322 del 21 gennaio 2022.
La predetta procedura VE.R.A. è stata sviluppata:

a) per dare attuazione a quanto previsto dal “Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza”, ai fini dell’accesso a una delle procedure di regolazione della crisi o dell’insolvenza (come stabilito dagli artt. 39 e 42 del D.Lgs. n. 14/2019);

b) per consentire, nell’ambito della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa, l’emissione della certificazione che deve essere depositata, a corredo dell’istanza volontaria di nomina di un esperto indipendente, dall’imprenditore commerciale e agricolo, in condizioni di squilibrio patrimoniale o economico-finanziario.

Tale istanza deve essere presentata tramite la piattaforma telematica nazionale accessibile agli imprenditori iscritti nel Registro delle imprese attraverso il sito internet istituzionale di ciascuna Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura.
Al fine di indirizzare il richiedente, nella homepage della procedura “VE.R.A. e Certificazione dei Debiti Contributivi” sono state inserite specifiche indicazioni cui l’interessato deve attenersi in ordine all’utilizzo della medesima.

“Precisazioni in ordine ai presupposti per l’effettuazione della richiesta e agli effetti sulle modalità di definizione della stessa da parte delle Strutture territoriali”

– Certificazione dei debiti contributivi ai sensi dell’art. 363 del D.Lgs. 12/1/2019, n. 14
Tenuto conto che l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza è stata differita al 16 maggio 2022, alla data odierna, nessuna richiesta trasmessa attraverso la procedura “VE.R.A. e Certificazione dei Debiti Contributivi” da soggetti interessati da procedure concorsuali regolate dalla vigente legge fallimentare  dovrà essere definita con l’emissione del Certificato unico dei debiti contributivi. Ciò in quanto l’utilizzo della certificazione è previsto esclusivamente nell’ambito delle procedure sopra richiamate disciplinate dal Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza non ancora operative.

– Certificazione dei debiti contributivi ai sensi dell’art. 363 del D.Lgs. 12/1/2019, n. 14, nell’ambito della procedura di composizione negoziata per la soluzione della crisi d’impresa
Per escludere che l’Istituto rilasci una certificazione al di fuori delle ipotesi previste dalla vigente normativa sopra richiamata, prima dell’inserimento della richiesta nella procedura “VE.R.A. e Certificazione dei Debiti Contributivi”, l’interessato dovrà dichiarare la motivazione della richiesta per ora limitata alla fattispecie di cui alla precedente lettera b).

In attesa della descritta funzionalità aggiuntiva, le Strutture territoriali, prima di dare corso alle attività di istruttoria e di definizione della richiesta, avranno cura di verificare la presenza in capo al richiedente della condizione di iscrizione dell’impresa alla Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura. In caso affermativo, dovrà essere contattato il richiedente per acquisire la dichiarazione che l’istanza è preordinata all’avvio della procedura dicomposizione negoziata.

In mancanza di tale dichiarazione, non si dovrà dare corso all’istruttoria e alla definizione della richiesta con l’apposizione dello stato “Archiviata per assenza di requisiti”.

Superbonus: SAL per interventi di efficienza energetica e antisismici

In materia di Superbonus, forniti chiarimenti sui criteri di determinazione dello “Stato di avanzamento lavori (SAL)” per interventi di efficienza energetica e antisismici (Agenzia delle entrate – Risposta 27 gennaio 2022, n. 53).

Per gli interventi di efficientamento energetico l’asseverazione del rispetto dei requisiti richiesti e, per quelli antisismici l’asseverazione dell’efficacia degli stessi al fine della riduzione del rischio sismico, va effettuata in base alle disposizioni contenute, rispettivamente, nel decreto del Ministero dello Sviluppo economico 6 agosto 2020 concernente “Requisiti tecnici per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici e nel decreto del Ministero dello Sviluppo economico 6 agosto 2020 concernente “Requisiti delle asseverazioni per l’accesso alle detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica degli edifici, nonché nel decreto del Ministero delle Infrastrutture 28 febbraio 2017, n. 58, recante “Sisma Bonus – Linee guida per la classificazione del rischio sismico delle costruzioni nonché le modalità per l’attestazione, da parte di professionisti abilitati, dell’efficacia degli interventi effettuati.
Le due distinte tipologie di interventi (di “efficientamento energetico” e “riduzione del rischio sismico”) richiedono, pertanto, differenti competenze tecniche ai fini dell’asseverazione dell’efficacia degli stessi, nonché del rispetto dei requisiti tecnici e della congruità delle spese.
Ciò comporta che qualora, sul medesimo immobile siano effettuati sia interventi di efficienza energetica sia interventi antisismici, ammessi al Superbonus, la verifica dello stato di avanzamento dei lavori, è effettuata separatamente per ciascuna categoria di intervento agevolabile.

Decreto ATAD: chiarimenti dal Fisco

L’Agenzia delle Entrate fa il punto sulla disciplina dei disallineamenti da ibridi di cui al D.Lgs. n. 142/2018 di recepimento della direttiva UE, n. 2017/952 (Agenzia Entrate – circolare 26 gennaio 2022, n. 2/E).

Dopo i chiarimenti già forniti in materia di controlled foreign companies con la circolare n. 18/E del 27 dicembre 2021, il nuovo documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate fa luce sulla disciplina prevista dagli artt. da 6 a 11 del D.Lgs. n. 142/2018 (Decreto di recepimento della Direttiva Atad come modificata dalla Direttiva Ue n. 2017/952), dando indicazioni sull’attuazione delle norme che prevedono forme di reazione ai disallineamenti da ibridi.

Tra gli ulteriori aspetti trattati, anche la duplicazione (“double dip” o “foreign tax credit generator”) del credito d’imposta per redditi prodotti all’estero e il coordinamento delle disposizioni che mirano a eliminare gli effetti derivanti dai disallineamenti da ibridi.

In particolare, l’Agenzia delle Entrate si sofferma sulle norme di reazione, che variano a seconda del ruolo ricoperto dal soggetto passivo nell’ambito dell’operazione posta in essere e dell’effetto o disallineamento che si genera e si suddividono in due categorie: quelle che agiscono sulla “causa ibrida” e quelle che neutralizzano gli “effetti ibridi”.

I presupposti necessari all’attivazione delle norme di reazione che agiscono sugli effetti ibridi sono tre:

– la presenza di un disallineamento, ossia un effetto di doppia deduzione o di deduzione senza inclusione;

– la presenza di una causa ibrida, secondo le fattispecie tipiche previste dal Decreto Atad;

– l’elemento soggettivo.

Double dip e coordinamento delle discipline

Il documento di prassi dell’Agenzia delle Entrate tratta anche il tema della duplicazione (doublé Cip o foreign tax credit generator) del credito d’imposta per redditi prodotti all’estero come rimedio contro la doppia imposizione giuridica e fornisce chiarimenti sul coordinamento delle disposizioni che mirano a eliminare gli effetti derivanti da disallineamenti da ibridi. Su questo fronte, è prevista una gerarchia nell’applicazione delle reazioni primaria e secondaria volta ad evitare fenomeni di doppia imposizione: in particolare, il compito di rimuovere gli effetti spetta in primo luogo alla giurisdizione chiamata ad applicare la reazione primaria. Solo in assenza di tale previsione emergeranno i presupposti per l’applicazione della reazione secondaria da parte dell’altra giurisdizione.

Inoltre, viene chiarito che le disposizioni anti ibridi hanno natura di “norme di sistema” e non di “norme antiabuso” e, pertanto, non possono essere oggetto di disapplicazione a seguito di interpello disapplicativo.

Esclusi dal comporto i periodi di quarantena e sorveglianza domiciliare per Covid-19

Dal periodo di comporto che determina causa di licenziamento collegata al prolungamento della malattia devono essere esclusi sia il tempo trascorso in quarantena precauzionale per chi ha avuto contatti con un soggetto infetto da Covid-19, sia quello passato in isolamento domiciliare, disposto da un apposito provvedimento del sindaco, per coloro che siano risultati positivi al virus Covid-19, in relazione agli eventi verificatisi fino al 31 dicembre 2021 (Tribunale di Palmi – Ordinanza 13 gennaio 2022).

In base alle norme che regolano l’istituto del comporto per malattia del lavoratore (art. 2110, co. 2, del codice civile), nei casi di assenza dal lavoro per infortunio, malattia, gravidanza e puerperio, il datore di lavoro ha diritto di recedere dal contratto decorso il periodo stabilito dalla legge, dai contratti collettivi, dagli usi o secondo equità.
La durata del periodo di comporto, pertanto, è determinata dalle fonti cui la norma rinvia e, in particolare, dal CCNL applicabile.
La ratio della disposizione si individua nell’esigenza di contemperare, da un lato, l’interesse del lavoratore a disporre di un congruo periodo di assenze per ristabilirsi a seguito di malattia od infortunio e, dall’altro, l’esigenza del datore di lavoro di non dover subire a tempo indefinito ripercussioni sull’organizzazione aziendale per effetto dell’assenza del lavoratore.
Al fine di garantire un equo bilanciamento tra gli interessi di entrambe le parti, quindi, deve ritenersi che il datore di lavoro non possa unilateralmente recedere prima del superamento del limite di tollerabilità dell’assenza del lavoratore (cd. periodo di comporto), astrattamente predeterminato, e che il mero superamento del predetto limite costituisca condizione sufficiente di legittimità del recesso, nel senso che non è necessaria la prova del giustificato motivo oggettivo del licenziamento o della sopravvenuta impossibilità della prestazione lavorativa, né della correlata impossibilità di adibire il lavoratore a mansioni superiori.
Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, il licenziamento per superamento del periodo di comporto costituisce una fattispecie autonoma di recesso, vale a dire una situazione di per sé idonea a consentirlo, diversa da quelle riconducibili ai concetti di giusta causa o giustificato motivo.

In relazione ai periodi più recenti caratterizzati dalla diffusione dell’epidemia da Covid-19, il decreto cd. “Cura Italia” ha disposto che “fino al 31 dicembre 2021, il periodo trascorso in quarantena con sorveglianza attiva o in permanenza domiciliare fiduciaria con sorveglianza attiva di cui all’articolo 1, comma 2, lettere h) e i) del decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13, e di cui all’articolo 1, comma 2, lettere d) ed e), del decreto-legge 25 marzo 2020, n. 19, dai lavoratori dipendenti del settore privato, è equiparato a malattia ai fini del trattamento economico previsto dalla normativa di riferimento e non è computabile ai fini del periodo di comporto”.
La norma, per individuare il periodo trascorso in quarantena o permanenza domiciliare richiama a sua volta l’art. 1, comma 2, lett. d) ed e) del D.L. n. 19/2020, il quale indica, da un lato, i soggetti ai quali sia stata applicata la misura della quarantena precauzionale in quanto “hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusiva o che entrano nel territorio nazionale da aree ubicate al di fuori del territorio italiano”, dall’altro, coloro che siano stati sottoposti a “divieto assoluto di allontanarsi dalla propria abitazione o dimora per le persone sottoposte alla misura della quarantena, applicata dal sindaco quale autorità sanitaria locale, perché risultate positive al virus”.
Ne consegue che, ai fini del superamento del periodo di comporto, non può essere valutato sia il tempo trascorso in quarantena precauzionale per chi ha avuto contatti con un soggetto infetto, sia quello passato in isolamento domiciliare, disposto da un apposito provvedimento del sindaco, per coloro che siano risultati positivi al virus.

Nel caso esaminato il giudice del lavoro ha ravvisato il mancato superamento del periodo di comporto per effetto della neutralizzazione dei periodi in cui il lavoratore risultava in quarantena e in sorveglianza domiciliare attiva. Di conseguenza ha disposto l’illegittimità del licenziamento, con reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro precedentemente occupato e il riconoscimento di un’indennità risarcitoria commisurata alla retribuzione globale di fatto dalla data del licenziamento sino a quella dell’effettiva reintegrazione, oltre rivalutazione e interessi legali dalla maturazione dei singoli ratei al saldo.
In particolare, dall’esame della documentazione prodotta il giudice ha accertato che:
– il lavoratore si è assentato per malattia dal 27/11/2020 al 6/06/2021, senza alcuna interruzione (certificato medico);
– nel periodo ricompreso tra il 26/11/2020 e il 15/12/2020 il lavoratore ha contratto l’infezione da Covid-19 (esito tamponi), ed è stato sottoposto ad isolamento domiciliare con divieto assoluto di contatti e spostamenti (ordinanza sindacale).
Dal periodo di malattia utile ai fini della determinazione del periodo di comporto, quindi, deve essere scomputato l’arco temporale in cui il lavoratore ha contratto l’infezione e, per l’effetto di un’apposita ordinanza disposta dal Sindaco, si trovava in isolamento domiciliare (26/11/2020 – 15/12/2020).
Di conseguenza, come periodo di malattia computabile ai fini del comporto va preso in considerazione l’arco temporale che va dal 15/12/2020 al 6/06/2021, corrispondente a 172 giorni di malattia. Il calcolo è stato effettuato considerando come base annua, cui va rapportato il periodo di comporto, l’anno solare e cioè nei 365 giorni decorrenti dall’inizio della malattia, in quanto continuativa.
Considerato che il periodo di comporto previsto dalla contrattazione collettiva applicata è di 180 giorni, il licenziamento è nullo per illegittimità della causa.

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